Pubblicato il 30/03/2023
Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Riforma del processo penale
Con la sentenza n° 11229
del 16 marzo 2023, la Corte di Cassazione, sezione V penale, ha risolto il
problema della intervenuta procedibilità a querela della fattispecie di reato
di furto aggravato in presenza di un ricorso inammissibile, affermando come il mutato
regime di procedibilità non determini alcuna possibilità di incidere “un
giudicato sostanziale” che si è già formato ed i cui effetti retroagiscono al
momento del mancato instaurarsi di un valido rapporto processuale.
Modifiche alla
procedibilità di Ufficio di alcune fattispecie di reato introdotte dalla
Riforma Cartabia: una recente sentenza della Corte di Cassazione sez. V penale
del 16 marzo ci offre lo spunto per tornare sull’argomento.
Abstract: Con la sentenza n° 11229
del 16 marzo 2023, la Corte di Cassazione, sezione V penale, ha risolto il
problema della intervenuta procedibilità a querela della fattispecie di reato
di furto aggravato in presenza di un ricorso inammissibile, affermando come il mutato
regime di procedibilità non determini alcuna possibilità di incidere “un
giudicato sostanziale” che si è già formato ed i cui effetti retroagiscono al
momento del mancato instaurarsi di un valido rapporto processuale.
Prima di dedicarci al tema
della sentenza in oggetto, occorre ritornare a parlare del D. Lgs. 10.10.2022
n° 150 (Riforma Cartabia) che, come noto, ha modificato la procedibilità d’ufficio
di alcune fattispecie di reato, tra cui lesioni personali ex art. 582 comma 1
c.p., lesioni personali stradali ex art. 590 bis comma 1 c.p. ed il furto aggravato
ex art. 625 c.p.
Per effetto della novella, il
comma 3 dell’art. 624 del codice penale è stato così sostituito:” il delitto è
punibile a querela della persona offesa. Si procede tuttavia d’ufficio se la
persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna
delle circostanze di cui all’art. 625 n° 7, salvo che il fatto sia commesso su
cose esposte alla pubblica fede, e 7 bis”.
In seguito alla conversione in legge del decreto-legge
di differimento dell’entrata in vigore della riforma, sono stati eliminati gli
oneri di informazione della persona offesa a carico dell’Autorità Giudiziaria.
Attualmente, quindi, la
presentazione della querela per i reati, prima procedibili d’Ufficio, è un
onere spontaneo della persona offesa che manifesta così la volontà che si
proceda o si continui a procedere.
A questo proposito si
potrebbero fare diverse valutazioni, molte trasmissioni televisive si sono già
occupate del tema, per esempio, delle borseggiatrici in azione presso la
Stazione ferroviaria di Milano o nella metropolitana e sull’esito degli arresti
e dei procedimenti nei loro confronti.
Restando, ovviamente, su un
profilo giuridico, la scelta legislativa di optare per l’eliminazione degli
oneri di informazione (sicuramente gravosi, anche per le consistenti dimensioni
quantitative, in termini di numero di procedimenti interessati) sarebbe
scaturita proprio dalla prolungata vacatio legis (oltre 2 mesi), seguita al differimento dell’entrata
in vigore della riforma, che ha consentito un periodo in qualche modo di “assorbimento” nel circuito
sociale e giuridico del mutato regime di procedibilità.
Se la ragione fosse
effettivamente questa, mi pare di poter dire che desti una certa perplessità
Sono state altresì inserite
nuove disposizioni transitorie che pongono limiti allo spontaneo attivarsi
della persona offesa per manifestare la volontà di perseguire il colpevole, nel
caso in cui, per un reato reso procedibile a querela, siano state disposte misure
cautelari in corso di esecuzione, le stesse perdono efficacia se entro 20
giorni dall’entrata in vigore del D. Legge 150/22 poi convertito, l’autorità
Giudiziaria che procede non acquisisca la querela; in questa ipotesi vi è un
onere di ricerca della persona offesa da parte dell’autorità che procede anche
a mezzo della Polizia Giudiziaria.
Ed ancora, è stato
stabilito che durante i termini per presentare la querela si applica l’art. 346
c.p.p. quanto alla validità degli atti compiuti in mancanza di una condizione
di procedibilità mentre per i delitti di cui agli artt. 609 -bis, 612 bis e 612
ter c.p. commessi prima dell’entrata in vigore del D. Legge 150/22, continua a
procedersi d’ufficio quando il fatto è connesso con un delitto divenuto
perseguibile a querela della persona offesa.
La modifica del regime di
procedibilità di alcune figure di reato, spesso attuata per una aspirazione di
deflazione del carico penale gravante su Procure e Tribunali, non è inconsueta
nel nostro ordinamento tanto che più volte la Suprema Corte se ne è occupata.
Per tutte si veda Cass.
Pen., sez. unite, n° 40150 del 21.6.2018 (Sentenza Salatino) la quale ha escluso
che la sopravvenienza della procedibilità a querela operi come una ipotesi di abolitio criminis in grado di prevale sull’inammissibilità
del ricorso e che possa essere rilevata anche in sede esecutiva mediante la
revoca della sentenza ex art. 673 c.p.p.
La pronuncia della sez. V della
Suprema Corte n° 11229 del 16 marzo 2023, ribadisce i principi della sentenza
Salatino sopra schematicamente indicati affermando che il ricorso dell’imputato,
inammissibile poiché manifestamente infondato, oltre che in parte genericamente
formulato, senza confronto effettivo con gli esiti dell’accertamento condotto
dalle due sentenze di merito, comporta
un “giudicato sostanziale” che si è già formato ed i cui effetti retroagiscono
al momento del mancato instaurarsi di un valido rapporto processuale non dando
modo al mutato regime di procedibilità sopravvenuto di incidere.