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Pubblicato il 03/11/2022

Il nuovo esecutivo e la riforma Cartabia: il decreto legge n. 162 del 31 ottobre 2022 fissa alla data del 30 dicembre 2022 l’entrata in vigore della riforma.

Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Riforma del processo penale

Con Decreto Legge n. 162 del 31 ottobre 2022 il nuovo esecutivo ha ritardato l’entrata in vigore della riforma Cartabia alla data del 30 dicembre 2022 al fine di permettere al Parlamento di elaborare delle norme transitorie che permettano agli uffici giudiziari di tutta Italia di dotarsi degli strumenti necessari per dare piena attuazione alle novità introdotte dalla L. 134 del 2021. 

Il nuovo esecutivo e la riforma Cartabia: il decreto legge n. 162 del 31 ottobre 2022 fissa alla data del 30 dicembre 2022 l’entrata in vigore della riforma.

Introduzione.

Dopo un anno dall’approvazione della c.d. riforma Cartabia, anche l’ultimo blocco di innovazioni (sostanziali e processuali) previste dall’art. 1 della L. 134/2021 ha fatto (o meglio avrebbe dovuto fare) il suo ingresso nel nostro ordinamento.

Infatti, a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo n. 150 del 2022 attuativo della L. 134/2021 (c.d. riforma Cartabia) e in mancanza di un regime transitorio che invece sarebbe stato propedeutico all’entrata in vigore della riforma del processo penale (inizialmente fissata per il 01/11/2022), i 26 Procuratori Generali italiani avevano, nei giorni scorsi, lanciato l’allarme sulle principali problematiche che la vigenza della summenzionata riforma avrebbe comportato, facendo leva sui diversi “adempimenti oggettivamente impossibili o comunque problematici senza adeguato supporto” (lettera del 25 ottobre inviata al neo Ministro Nordio e al CSM).

Voci che, in extremis e solo in parte, sono state ascoltate e accolte dal nuovo esecutivo che con il decreto legge n. 162 del 31/10/2022 recante “Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali”, ha ritardato l’entrata i vigore del D.vo n. 150/2022 al fine di poter delineare e perfezionare le misure organizzative già avviate e permettere alle Procure di tutta Italia di dotarsi di adeguati supporti tecnologici.

Breve excursus sulle novità previste dal D.Vo. n.150/22: l’art. 1 della L. 134/2021.

Mentre l’art. 2 conteneva norme di immediata attuazione relative al regime della prescrizione, della durata dei giudizi di impugnazione nonché in tema di garanzie difensive e di tutela delle vittime del reato, l’art. 1, invece, conteneva una serie di deleghe al Governo da esercitare entro il termine di 1 anno dall’entrata in vigore della Legge, per la modifica del Codice di procedura penale, delle norme di attuazione del Codice di procedura penale, del Codice penale e della collegata Legislazione speciale nonché altre disposizioni dell’ordinamento giudiziario.

Il Decreto n. 150 del 10/10/2022, che doveva entrare in vigore dal 01/11/2022, ha così delineato un nuovo impianto sostanziale e processuale caratterizzato, a mero titolo esemplificativo, da alcune novità in seguito brevemente elencate:

1)      digitalizzazione del processo penale: l’obiettivo del decreto è infatti quello di attuare delle misure informatiche volte a digitalizzare il processo penale, prevedendo, per esempio, il deposito, la formazione e la raccolta di dati e documenti processuali un via telematica;

2)      modifica della durata delle indagini preliminari: si passa così ad un regime che prevede sei mesi per le contravvenzioni, un anno e sei mesi per alcuni delitti di particolare gravità previsti dall’art. 407 comma 2 c.p.p., e un anno per tutti gli altri delitti, termini tutti prorogabili una sola volta per un periodo non superiore a sei mesi. Inoltre, alla chiusura delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero potrà avanzare la richiesta di archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini non consentano una ragionevole previsione di condanna.

3)      estensione dei reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio;

4)      introduzione di una nuova udienza filtro: per i reati a citazione diretta a giudizio è prevista una nuova udienza predibattimentale, con funzione filtro, da celebrarsi in camera di consiglio avanti un giudice diverso da quello del dibattimento;

5)      previsione della c.d. “calendarizzazione delle udienze” per le udienze monocratiche;

6)      modifica della disciplina del patteggiamento, con estensione dell’accordo con l’accusa anche alla confisca facoltativa, alle pene accessorie e alla loro durata. La sentenza di patteggiamento non avrà più efficacia né potrà essere utilizzata nei giudizi civili, disciplinari tributari o amministrativi;

7)      allo sconto di pena di un terzo previsto per il giudizio abbreviato si aggiunge un’ulteriore riduzione di un sesto della pena, applicata dal giudice dell’esecuzione in ipotesi di rinuncia dell’impugnazione della sentenza di condanna da parte dell’imputato;

8)      introduzione della possibilità d accedere a riti premiali in ipotesi di giudizio immediato;

9)      modifiche all’art. 131 bis c.p.: l’istituto della particolare tenuità del fatto potrà essere applicata a tutti i reati puniti con pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, sola o congiunta con la pena pecuniaria;

10)  introduzione della possibilità per il Pubblico Ministero di proporre, a seguito della chiusura delle indagini preliminari, la sospensione del procedimento con messa alla prova e della relativa facoltà dell’indagato di accettare nel termine di venti giorni;

11)  estensione dei reati procedibili a querela;

12)  modifiche alla disciplina dell’appello e del ricorso per cassazione;

13)  abolizione delle pene detentive brevi della semidetenzione e della libertà vigilata.

Le criticità sollevate dai Procuratori generali e in generale dall’AMN.

Nonostante i lodevoli intenti di maggior efficienza e celerità dei processi che erano stati annunciati dai promotori della riforma, i Procuratori generali, unitamente all’Associazione Nazionale Magistrati, avevano fin da subito evidenziato come la mancanza di una disciplina transitoria che fosse in grado di regolamentare il passaggio dal “vecchio” al “nuovo” sistema e di adeguati supporti organizzativi e informatici limitatamente alle modifiche normative relative alle indagini preliminari e alla nuova udienza predibattimentale, avrebbero inevitabilmente messo in grande difficoltà le Procure e i Tribunali di tutta Italia.

Da qui la scelta del nuovo Governo di differire l’entrata in vigore della riforma sul processo penale di due mesi al fine di permettere al Parlamento, in sede di conversione del decreto legge, di introdurre le tanto auspicate norme transitorie.

L’ampia portata delle novità previste (e brevemente elencate ut sopra) dalla riforma sul processo penale, avrebbe certamente impattato sull’organizzazione degli uffici giudiziari e lo scarso lasso di tempo messo a disposizione di questi ultimi al fine di adeguarsi alla nuova disciplina avrebbe causato gravi disagi fino a palesarsi il rischio concreto di una paralisi giudiziaria.

Se da un lato il rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia è parso come l’unica soluzione possibile al problema “organizzativo”, occorre tuttavia sottolineare come tale rinvio in toto non era mai stato chiesto, né dai magistrati né dall’Unione delle Camere Penali Italiane.

Considerazioni conclusive.

Con il Decreto Legge n. 162 del 31/10/2022 il nuovo esecutivo ha, tra i vari provvedimenti adottati, previsto il rinvio dell’entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia alla data del 30/12/2022 al fine di permettere al Parlamento in sede di conversione del decreto di adottare delle norme transitorie che permettano agli uffici giudiziari di adeguarsi alle novità introdotte.

Tuttavia, non manca chi in dottrina si mostra dubbioso su tale scelta, evidenziando come il rinvio di tale riforma, che si colloca nel solco di una mediazione con l’Europa e la larga maggioranza dell’ex Governo Draghi, non solo non era necessario, ma cagionerebbe anche un pregiudizio al Paese e più in generale al sistema giustizia italiano.

La posticipazione della riforma impedisce, infatti, l’entrata in vigore di norme che avrebbero da subito avuto un effetto benefico sul processo, come quelle sulla nuova regola di giudizio per l’archiviazione e il rinvio a giudizio, sui filtri in primo grado e in appello, sul processo in assenza, sui riti alternativi, sulla messa alla prova, sull’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, sulla remissione della querela, sulle pene sostitutive delle pene detentive brevi.

Riteniamo che sarebbe stato più proficuo per il nostro sistema solo un rinvio dell’entrata in vigore di alcune norme della riforma che avrebbero inciso in maniera più significativa sull’impianto organizzativo degli uffici giudiziari, così permettendo invece agli istituti di maggior favore di operare immediatamente.

Speriamo davvero di non ritrovarci al 30/12/2022 nella stessa situazione posto che si dubita fortemente che sessanta giorni siano sufficienti per l’adeguamento di quanto necessario da parte delle Procure. 

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