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Pubblicato il 18/07/2022

Una recente pronuncia della Corte costituzionale in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova: la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 168 bis comma 4 c.p.p..

Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Sospensione del procedimento con messa alla prova

Con la sentenza n. 174 del 12/07/2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 168 bis, comma 4 c.p.p. nella parte in cui non prevede che l’imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell’ipotesi in cui si proceda per reati connessi, ai sensi dell’art. 12, comma 1 lett. b), ad altri per i quali tale beneficio sia già stato concesso.

Una recente pronuncia della Corte costituzionale in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova: la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 168 bis comma 4 c.p.p..

Introduzione.

Con la sentenza n. 174 del 12 luglio 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 168 bis, comma 4 c.p. nella parte in cui non prevede che l’imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell’ipotesi in cui si proceda per reati connessi, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. b) c.p.p., con altri reati per i quali tale beneficio sia già stato concesso.

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal GUP del Tribunale di Bologna, il quale ha ravvisato nella sopramenzionata disposizione una violazione dell’art. 3 della Costituzione (diritto di uguaglianza), poiché l’attuale disciplina della sospensione del procedimento con messa alla prova determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra l’imputato sottoposto ad un unico procedimento per reati connessi ex art. 12, comma 1 lett. b), il quale potrebbe richiedere la MAP per tutti i reati contestategli, e l’imputato che affronta giudizi distinti (ancorché connessi) e in tempi differenti, che invece avrebbe diritto a richiedere il beneficio solo la prima (e unica) volta.

 

 

 

La sospensione del procedimento con messa alla prova.

L’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, già introdotto nel procedimento minorile con il DPR 448/1988 art. n. 28, è stato inserito nel Codice di procedura penale con la L. n. 67 del 28 aprile 2014.

La disciplina attuale dell’istituto in esame, che è al tempo stesso sia un procedimento speciale che una causa di estinzione del resto, prevede che la sospensione del procedimento con messa alla prova possa essere richiesta già nel corso delle indagini preliminari o comunque sino a che non siano state formulate le conclusioni in udienza preliminare o, ancora, fino all’apertura del dibattimento su istanza dell’indagato/imputato o del suo difensore munito di procura speciale (la riforma Cartabia ha, infatti, previsto l’estensione dell’ambito di applicabilità dell’istituto della messa alla prova, legittimando il pubblico ministero alla proposizione della stessa nonché prevendo un innalzamento del limite di pena che passerà ad anni 6).

La sospensione del procedimento con messa alla prova trova applicazione esclusivamente nei procedimenti promossi in relazione a reati che prevedono la sola pena pecuniaria o la pena detentiva non superiore ad anni quattro, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, oppure qualora si proceda per una delle fattispecie di reato indicate nell’art. 550, comma 2 c.p.p. (e “che si prestino a percorsi risocializzanti o riparatori, da parte dell’autore, compatibili con l’istituto” dopo le modifiche introdotte dalla recente Riforma del processo penale).   

L’istituto in esame è precluso qualora l’indagato/imputato sia stato colpito da declaratoria di delinquente abituale, professionale o per tendenza o nel caso in cui lo stesso abbia già usufruito della sospensione del procedimento con messa alla prova revocata o conclusa con esito negativo.

Gli artt. 464 bis e 464 ter c.p.p., prevedono che alla richiesta di sospensione del procedimento venga allegato un programma di trattamento elaborato dal competente Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (U.E.P.E.) oppure, qualora l’interessato non sia stato in grado di produrre tempestivamente il programma di trattamento elaborato dall’U.E.P.E., dovrà allegare l’attestato di presentazione della relativa richiesta di trattamento.

Qualora sussistano i requisiti oggettivi e soggettivi e nel caso in cui non ricorrano gli estremi per pronunciare una sentenza di immediato proscioglimento ex art. 129 c.p.p., il Giudice, sentite le parti e la persona offesa, verificata l’idoneità del programma di trattamento, si pronuncia con ordinanza con la quale ammette l’imputato/indagato alla MAP ed indica il periodo di sospensione del procedimento che, nel caso di reati puniti con la sola pena pecuniaria, è di massimo 1 anno, mentre nell’ipotesi di reati puniti con la pena della reclusione, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, non può superare i 2 anni.

Decorso il periodo di sospensione del procedimento, senza che l’ordinanza di sospensione sia stata anticipatamente revocata, il Giudice, letta la relazione dell’UEPE, valuta in udienza l’esito della prova e, in caso di esito positivo, pronuncia sentenza di non doversi procedere (o di non luogo a procedere) per estinzione del reato a seguito di esito positivo della MAP, oppure, in caso di esito negativo, dispone, a mezzo ordinanza, che il procedimento riprenda da dove si era interrotto.

La sentenza n. 174/2022 della Corte Costituzionale.

In data 12/07/2022, la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 174/2022, pur sottolineando che, sulla scorta dell’art. 168 bis c.p. l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova può essere concesso una sola volta, ha ritenuto che tale disposizione determina un’irragionevole disparità di trattamento tra “l’imputato sottoposto a simultaneus processus in relazione a reati connessi ex art. 12, lettera b), cod. proc. pen. – il quale potrebbe fruire della sospensione del procedimento con messa alla prova per tutti i reati contestatigli – e l’imputato che affronta giudizi distinti (ancorché connessi), che invece avrebbe diritto a richiedere il beneficio solo la prima (e unica) volta” (Corte cost., sent. n. 174 del 12/07/2022).

Sul punto la Corte ha chiarito che  “la preclusione posta dall’art. 168-bis, quarto comma, cod. pen., in questa sede censurata, non osta a che uno stesso imputato possa essere ammesso al beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova anche qualora gli vengano contestati più reati nell’ambito del medesimo procedimento, sempre che i limiti edittali di ciascuno di essi siano compatibili con la concessione del beneficio. Ciò vale, evidentemente, anche nel caso specifico in cui tali reati siano avvinti dalla continuazione, essendo stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. In una tale situazione, infatti, l’ordinamento considera unitariamente i reati ai fini sanzionatori, prevedendo l’inflizione di una sola pena che tenga conto del loro complessivo disvalore; sicché appare logico che, ove tutti i singoli reati siano compatibili, in ragione dei rispettivi limiti edittali, con il beneficio della messa alla prova, l’imputato possa essere ammesso ad un percorso unitario di risocializzazione e riparazione, nel quale si sostanzia il beneficio medesimo (ancora, sentenza n. 146 del 2022 e le altre pronunce ivi citate), e il cui esito positivo comporta l’estinzione dei reati contestati”; ed ancora risulta, allora, irragionevole che quando, per scelta del pubblico ministero o per altre evenienze processuali, i reati avvinti dalla continuazione vengano invece contestati in distinti procedimenti, gli imputati non abbiano più la possibilità, nel secondo procedimento, di chiedere ed ottenere la messa alla prova, allorché siano stati già ammessi al beneficio nel primo. Ciò equivarrebbe a far dipendere la possibilità di accedere a uno dei riti alternativi previsti dal legislatore – possibilità che costituisce «una modalità, tra le più qualificanti, di esercizio del diritto di difesa» dell’imputato di cui all’art. 24 Cost. (ex multis, sentenza n. 192 del 2020, nonché sentenze n. 19 e n. 14 del 2020, n. 131 del 2019) – dalle scelte contingenti del pubblico ministero o da circostanze casuali, sulle quali l’imputato stesso non può in alcun modo influire” (Corte cost., Sent. n. 174 del 12/07/2022).

Secondo la Corte Costituzionale, qualora il Giudice ritenga di poter concedere nuovamente il beneficio, purché vengano rispettati i limiti complessivi di sospensione del procedimento indicati nell’art. 464 quater, comma 5 c.p.p., occorrerà valorizzare il percorso già compiuto, affinché la risposta sanzionatoria risulti il più possibile unitaria rispetto a tutti i reati in concorso formale o commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso.

 

 

Conclusioni.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 174/2022, è intervenuta, ancora una volta, per assicurare il rispetto del principio di cui all’art. 3 Cost. (principio di uguaglianza), dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 168 bis, comma 4 c.p., nella parte in cui non prevede che l’imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell’ipotesi in cui si proceda per reati connessi, ai senti dell’art. 12, comma 1 lett. b) c.p.p., con altri reati per i quali il beneficio sia già stato concesso.  

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