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Pubblicato il 20/06/2022

Il terzo che filma un rapporto sessuale nei bagni di una discoteca risponde del reato di cui all’art. 612 ter c.p. (diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti)? Un’interessante pronuncia del GUP di Reggio Emilia

Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti

Dubbi e perplessità interpretative in materia di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti: una recente pronuncia del GUP di Reggio Emilia. 

Il terzo che filma un rapporto sessuale nei bagni di una discoteca risponde del reato di cui all’art. 612 ter c.p. (diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti)? Un’interessante pronuncia del GUP di Reggio Emilia

Introduzione.

Sono certamente noti i numerosi casi di diffusione, in assenza di consenso, di immagini e/o video sessualmente espliciti attraverso l’uso di social network, la cui rapidissima propagazione ha comportato, anche nel recente passato, effetti devastanti sulla sfera psichica delle vittime.

A tal proposito si era resa necessaria l’entrata in vigore di una fattispecie di reato ad hoc, individuata nell’art. 612 ter c.p., che sanzionasse un comportamento che, fino al 2019 (anno di entrata in vigore del c.d. Codice rosso), era rimasto privo di qualunque rilevanza penale.  

Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti: l’art. 612 ter c.p..

Come si è accennato sopra, l’art. 612 ter c.p. è stato introdotto con la L. 69/2019 (c.d. Codice Rosso) con l’intento di sanzionare (almeno inizialmente) il fenomeno sempre più diffuso del “Revenge porn”, ossia la divulgazione non consensuale, dettata da finalità vendicative, di immagini intime raffiguranti l’ex partner.

Tale fattispecie presenta una disciplina complessa articolata in due differenti ipotesi previste rispettivamente al comma 1 e al comma 2.

Il comma 1 dell’art. 612 ter c.p. punisce “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza con consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000”.

Tra i principali requisiti richiamati dall’appena menzionato comma 1 rileva il contenuto “sessualmente esplicito” delle foto e/o dei video, concetto oggetto di attenzione della giurisprudenza che lo ha definito parametrandolo all’articolo 600 ter c.p., includendo anche la esibizione lasciva dei genitali o della regione pubica o anche della semplice nudità, se idonea a eccitare le pulsioni erotiche del fruitore.

Di difficile valutazione è, per esempio, il nudo artistico, nel quale è complesso separare l’aspetto erotico da quello artistico.

Inoltre, affinché trovi applicazione il reato di cui all’art. 612 ter c.p. è necessario che le immagini e/o i video “destinati a rimanere privati” vengano diffusi “senza il consenso delle persone rappresentate” e perciò in assenza di una volontà espressa, liberamente prestata e non viziata  dell’avente diritto.

Il comma 2 prevede, invece, che la stessa pena si applica a chi, “avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini e i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare il loro nocumento”.

Tale norma estende la responsabilità penale ai c.d. secondi distributori, cioè a quei soggetti che avendo ricevuto immagini e video a contenuto sessualmente esplicito e senza il consenso delle persone rappresentate, le inviano, consegnano, cedono, pubblicano o diffondono, col fine di creare un nocumento.

La differenza dalla fattispecie di cui al comma 1 risiede nell’individuazione del soggetto attivo del reato e la finalità ulteriore che deve muovere la condotta di tale soggetto: l’agente non contribuisce alla realizzazione dei contenuti osceni, ma si limita alla sua acquisizione ed alla successiva diffusione con l’intento di recare nocumento alle persone rappresentate.

Con specifico riguardo alle circostanze aggravanti, il comma 3 prevede che la pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici, mentre il comma 4 prevede un aumento di pena (da un terzo alla metà) se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di infermità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

La sentenza del GUP di Reggio Emilia n. 528/2021.

La sentenza n. 528/2021 emessa dal GUP di Reggio Emilia fornisce un’interessante interpretazione dell’art. 612 ter c.p. che, certamente, darà luogo ad un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale.

I due imputati, che avevano filmato e successivamente diffuso attraverso i social un video di una giovane coppia che consumava un rapporto sessuale nel bagno di una discoteca, sono stati assolti per i reati di cui all’art. 612 ter c.p. e 615 bis c.p..

Nello specifico il GUP ha ritenuto che, in primo luogo non si potesse applicare l’art. 615 bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata), poiché tale norma impone il limite “strutturale” del domicilio come luogo nel quale le condotte fotografate e/o riprese si realizzano  (nel caso di specie, il GUP ha aderito all’interpretazione giurisprudenziale per la quale il bagno pubblico di una discoteca non può essere considerato come domicilio, neppure temporaneo); in secondo luogo, neppure la fattispecie di cui all’art. 612 ter c.p. avrebbe potuto trovare applicazione, secondo il GUP, nel caso di specie ritenendo che, tale norma, trovi applicazione solo nel caso in cui l’autore del reato sia uno dei due (o più) partecipanti all’atto sessuale.

Tale decisione, a fronte della recente entrata in vigore della norma in esame e della assenza (per il momento) di una solida giurisprudenza, rappresenta una delle possibili interpretazioni.

Le nostre considerazioni.

A parere di chi scrive il GUP di Reggio Emilia ha scelto di adottare un’interpretazione forse troppo restrittiva della norma, affermando che l’art. 612 ter c.p. non possa trovare applicazione qualora la realizzazione e diffusione di materiale sessualmente esplicito siano poste in essere da un terzo soggetto, esterno alla coppia.

Nonostante l’art. 612 ter c.p. sia stato inserito nel nostro ordinamento con l’intento di porre rimedio al fenomeno, sempre più crescente, del c. d. revenge porn, che per definizione si realizza ai danni dell’ex partner, i lavori preparatori del Parlamento, così come la lettera della norma, sembrano piuttosto chiari nell’ampliare i confini applicativi della fattispecie penale.

Infatti, il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti è senza dubbio alcuno un reato comune, come si evince dall’uso del pronome “chiunque”, e per tale ragione la sua applicazione non può (e non deve) essere limitata ai soli soggetti coinvolti in un rapporto sessuale o ritratti in immagini dal contenuto sessualmente esplicito.

A sostegno di tale interpretazione il comma 3, in effetti, prevede una specifica circostanza aggravante che comporta un aumento di pena qualora le condotte punite dalla norma siano realizzate da “coniuge, anche separato o divorziato, o da altra persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa”; la previsione di tale aggravante risulterebbe ridondante e superflua qualora l’art. 612 ter c.p. avesse voluto limitare il suo campo di applicazione ai soli partner/ex-partner.

Conclusioni.

Con la sentenza n. 528/2021 il GUP di Reggio Emilia, escludendo la punibilità dell’art. 612 ter c.p. nel caso in cui la realizzazione e successiva diffusione di materiale sessualmente esplicito venga posta in essere da un terzo soggetto, estraneo alle condotte sessualmente esplicite, ha certamente fornito degli interessanti spunti di riflessione in materia.

A nostro parere, tale fattispecie ha natura di reato comune e di conseguenza è realizzabile da chiunque, ma certamente la lettera della norma non appare così chiara da fornire un’univoca interpretazione.

Occorrerà attendere che si formi una giurisprudenza più corposa in materia, ad oggi ancora limitata per via della relativa novità della norma introdotta. 

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