Pubblicato il 10/05/2022
Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Sospensione del procedimento con messa alla prova
Una recente pronuncia del GUP di Milano che tiene conto delle attenuanti specifiche ai fini dell'individuazione della pena per l'ammissione alla MAP.
Introduzione.
In data 23
marzo 2022 il GUP di Milano ha emesso un’ordinanza probabilmente destinata ad (ri)aprire il
dibattito sulla cornice edittale da prendere in considerazione ai fini
dell’applicazione della sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 168 bis c.p..
In particolare,
attraverso l’appena menzionato provvedimento, il Magistrato ha disposto la
sospensione del procedimento con messa alla prova facendo applicazione di
una diminuente ad effetto speciale del reato contestato (art. 452-decies c.p.), senza la quale non sarebbe
stato possibile beneficiare di tale istituto con specifico riguardo al limite
edittale di anni 4 previsto dal primo comma dell’art. 168 bis c.p..
La
sentenza n. 36272/2016 della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite sulla
medesima questione a proposito delle circostanze aggravanti.
Nel 2016 le
Sezioni Unite avevano già affrontato la questione concentrandosi, esclusivamente
sull’applicazione delle circostanze aggravanti.
Nel caso di
specie, il GUP del Tribunale di Ancona aveva rigettato la richiesta di
sospensione del procedimento con messa alla prova ritenendo che, in presenza di
aggravanti ad effetto speciale, la pena edittale da considerare ai fini
dell’applicazione dell’art. 168 bis c.p. fosse quella aggravata e non la mera pena
base prevista per il reato per cui si procedeva.
I Giudici di
legittimità, dopo aver descritto le contrastanti posizioni in materia, hanno
ritenuto di aderire all’orientamento per il quale ai fini dell’applicazione della
sospensione del procedimento con messa alla prova ci si deve riferire
unicamente alla pena massima prevista dalla fattispecie – base.
In altri
termini, “ai
fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la
disciplina dell’istituto della sospensione con messa alla prova, il richiamo
contenuto nell’art. 168 bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel
massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la
fattispecie – base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze
aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la
legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato” (Cass. pen., SS.UU., n.
36272/2016).
Nonostante la Corte di Cassazione abbia fornito
un’univoca chiave di lettura dell’art. 168 bis c.p. che, in punto circostanze aggravanti, non
lascia spazio a differenti interpretazioni, nulla è stato chiarito in merito
all’eventuale applicazione delle circostanze attenuanti nella determinazione
della pena edittale ai fini dell’ammissibilità dell’istituto in esame.
L’ordinanza
del GUP del Tribunale di Milano del 23/03/2022.
Con ordinanza
del 23/03/2022, il GUP del Tribunale di Milano ha ritenuto di ammettere alla
sospensione del procedimento con messa alla prova gli imputati, nonostante il
reato contestato, rappresentato dall’art. 452 quaterdecies c.p., presenti una cornice
edittale ben superiore rispetto ai requisiti quantitativi richiesti dall’art. 168
bis c.p. (la pena massima
prevista per tale fattispecie di reato e di anni 6).
L’ammissione
degli imputati alla messa alla prova si è resa possibile, nel caso di specie,
poiché il GUP non ha considerato la pena base indicata dall’art. 452 quaterdecies c.p., bensì quella
diminuita dalla circostanza attenuante ad effetto speciale del ravvedimento
operoso di cui all’art. 452 decies c.p. (tale attenuante ad effetto speciale comporta
una diminuzione di pena dalla metà a 2/3), la quale ha fatto agevolmente rientrare
la “nuova” cornice edittale nell’ambito applicativo della MAP.
L’appena
menzionato provvedimento del GUP di Milano getta le basi per un nuovo
dibattito, dovendo a questo punto domandarsi se, posto che, come è stato
chiarito dalle SS.UU. del 2016, ai fini dell’ammissibilità dell’istituto
disciplinato dall’art. 168 bis c.p. non assumono alcun rilievo le circostante
aggravanti, nel requisito quantitativo di cui all’art. 168 bis c.p. vi rientrino tutte
quelle fattispecie di reato che, al netto delle eventuali circostanze
attenuanti ravvisabili nel caso concreto, si collochino al di sotto della
soglia dei 4 anni di reclusione (nel massimo).
Una
riflessione circa l’interpretazione dell’art. 168 bis c.p.
A parere di chi
scrive, l’art. 168 bis c.p., nell’individuare i requisiti che consentono
di accedere alla sospensione del procedimento con messa alla prova, è chiaro e
non necessita, al contrario, di alcuna specifica interpretazione o analogia con
altre norme.
Il silenzio
dell’art. 168 bis c.p. in punto circostanze attenuanti (e
aggravanti) non rappresenta affatto un vuoto di tutela, bensì un’intenzione
chiara del Legislatore che è stata correttamente ribadita dalle sopra
menzionate SS.UU.: l’assenza di riferimenti riguardo la possibile incidenza di
eventuali attenuanti (o aggravanti) comporta che venga presa in considerazione
la pena massima prevista dalla fattispecie – base, prescindendo dalla
contestazione di qualsivoglia circostanza; un silenzio normativo non significa,
infatti, esplicitare l’esatto contrario.
A dimostrazione
di ciò, ogni qualvolta il Legislatore ha inteso considerare le circostanze
attenuanti e/o aggravanti ai fini del computo della pena da prendere in
considerazione, lo ha sempre esplicitato in modo chiaro; a mero titolo
esemplificativo, nell’art. 131 bis comma 4
c.p. si legge “ai fini della determinazione della pena detentiva
prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad
eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie
diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In
quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto
del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69” ed ancora l’art. 4 c.p.p.
stabilisce espressamente che “per determinare la competenza si ha riguardo alla
pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato [56 c.p.]. Non
si tiene conto della continuazione [81 c.p.], della recidiva [99-101 c.p.]
e delle circostanze del reato [59-70, 118-119 c.p.], fatta eccezione
delle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di
specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale
[63 c.p.]”.
E’ sufficiente
la mera lettura delle appena riportate disposizioni per comprendere che il
Legislatore ha sempre guidato l’interprete nella corretta lettura delle norme,
indicando con precisione i passaggi da seguire (e non) nella determinazione
della pena.
Conclusioni.
Con ordinanza emessa in data 23/03/2022, il
GUP di Milano ha gettato le basi per la possibile riapertura del dibattito
dottrinale e giurisprudenziale in merito alla possibilità di computare le
circostanze attenuanti ai fini dell’individuazione del limite di pena previsto
dall’art. 168 bis c.p..
Nonostante, a
parere di chi scrive la disposizione sia chiara nel definire i presupposti
applicativi dell’istituto in esame e di nessun conforto siano i lavori
preparatori dell’art. 168 bis c.p. nei quali vi è un chiaro riferimento
all’esclusione di qualsivoglia circostanza del reato, successivamente escluso
dalla disposizione oggi vigente, da un punto di vista difensivo la decisione
assunta dal GUP di Milano può costituire un “precedente” spendibile ogni qual
volta possa essere ravvisata la sussistenza di circostanze attenuanti.
In questo modo
viene notevolmente dilatato l’ambito di applicazione della MAP che, sulla
scorta di tale principio, ben potrebbe essere richiesta aggirando il requisito
quantitativo richiesto dalla norma per effetto delle circostanze attenuanti.
Non resta che
attendere il verificarsi, o meno, di un effettivo e concreto dibattito in
materia.