Pubblicato il 14/04/2022
Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Ordinamento penitenziario
Il recente disegno di Legge che pone nuove condizioni in materia di accesso ai benefici penitenziari.
Introduzione.
In data 31
marzo 2022 la Camera dei Deputati ha approvato il DDL n. 2574, frutto
dell’unione di quattro precedenti proposte di Legge, in materia di regime
penitenziario ostativo.
Nello
specifico, la finalità che il Legislatore intende perseguire è evidente:
contemperare le esigenze di sicurezza collettiva con il principio di
rieducazione della pena in tema di accesso ai benefici penitenziari e alla
liberazione condizionale da parte dei detenuti condannati per i reati di
criminalità organizzata o per altri gravi delitti ove gli stessi non
collaborino con la giustizia.
L’art.
1 del DDL n. 2574: nuove condizioni di accesso ai benefici penitenziari.
L’art. 1 della
proposta di Legge in esame modifica l’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, il quale, allo
stato, esclude che i condannati per reati ostativi, individuati dell’art. 4 bis O.P. (a mero titolo
esemplificativo, i delitti commessi per finalità di terrorismo, anche
internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento
di atti di violenza, i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, primo comma, 320, 321, 322, 322 bis, 416 bis e 416 ter del
codice penale, delitti di cui agli articoli 600, 600 bis, primo comma, 600 ter, primo e secondo
comma, 601, 602, 609 octies e 630 del
codice penale), possano accedere al lavoro all’esterno, ai permessi
premio e alle misure alternative alla detenzione.
Tale
preclusione può essere superata nel caso in cui il condannato per un reato
ostativo collabori con la giustizia o aiuti l’Autorità Giudiziaria nel
reperimento di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti o per
l’individuazione degli autori del reato.
Ed ancora, il
superamento del divieto di ammissione ai benefici può realizzarsi qualora siano
stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la
criminalità organizzata, terroristica o eversiva, nel caso di collaborazione impossibile
per accertamento integrale dei fatti o di collaborazione irrilevante a fronte
della limitata partecipazione del condannato alla commissione del fatto reato
(art. 4bis comma 1bis O.P.).
Con la Sentenza
n. 253 del 4 dicembre 2019, la Corte Costituzionale aveva espressamente dichiarato
“l’illegittimità
costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, ordin. penit. nella parte in cui non prevede
che – ai detenuti per i delitti di cui all’art. 416-bis cod. pen., e per quelli
commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al
fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste – possano
essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la
giustizia a norma dell’art. 58-ter del medesimo ordin. penit., allorché siano
stati acquisiti elementi tali da escludere,
sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo
del ripristino di tali collegamenti”.
In altri
termini, secondo i Giudici della Corte Costituzionale, l’art. 4 bis O.P. viola il principio di
ragionevolezza laddove esclude anche per i condannati a reati ostativi non
collaboranti, per quali sia stata accertata l’assenza di un legame con la
criminalità organizzata o qualora sia possibile escludere che vi sia il
pericolo di ripristino di tali collegamenti, l’accesso ai benefici
penitenziari.
La novella introdotta dal DDL, che, tuttavia,
deve essere ancora sottoposta al vaglio del Senato, modifica il regime di
accesso ai benefici penitenziari in assenza di collaborazione, prevedendo che il
divieto di ammissione possa essere superato qualora il condannato dimostri di
aver adempiuto alle obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione
pecuniaria conseguenti alla condanna, o dimostrando in alternativa
l’impossibilità di potervi adempiere, ed alleghi al contempo elementi specifici
che permettano di escludere l’attualità dei collegamenti con la criminalità
organizzata, terroristica o eversiva, nonché il pericolo di ripristino di tali
legami.
Quali
oneri istruttori per il Giudice di sorveglianza?
A fronte della
nuova disciplina di accesso ai benefici penitenziari, il Legislatore ha altresì
introdotto delle consistenti modifiche procedimentali che meglio chiariscono
gli oneri istruttori gravanti sul Giudice di sorveglianza.
Nello
specifico, è necessario tenere conto:
·
Delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni (eventualmente
dedotte) sottostanti la mancata collaborazioni e di ogni altra informazione
disponibile;
·
Della sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle
vittime, sia in termini risarcitori che di giustizia riparativa;
·
Del parere espresso dal PM;
·
Delle informazioni fornite dall’istituto penitenziario ove l’istante è
detenuto;
·
Delle condizioni reddituali e patrimoniali del nucleo familiare del
condannato o delle persone a lui collegate, nonché del tenore di vita, delle
attività economiche svolte e della pendenza o definitività di misure di
prevenzione personali o patrimoniali.
Gli appena
menzionati pareri ed informazioni devono pervenire entro 30 giorni dalla
richiesta, prorogabili di ulteriori 30 giorni qualora si ravvisi una
complessità degli accertamenti; eventualmente, il Giudice ha la facoltà di
decidere in assenza dei richiesti pareri ed informazioni motivando debitamente
le ragioni sottostanti l’accoglimento o il rigetto della richiesta.
Qualora
all’esito dell’istruttoria emergano degli elementi che facciano presumere la
sussistenza di legami con l’attività di criminalità organizzata, terroristica o
eversiva, spetta al condannato fornire una prova contraria.
L’art.
2 del DDL n. 2574: disciplina in materia di libertà condizionale per i detenuti
non collaboranti.
L’art. 2 della
proposta di Legge in esame modifica la disciplina applicabile in materia di
liberazione condizionale ai condannati all’ergastolo per reati ostativi non
collaboranti.
Sul punto, è
doveroso menzionare una pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo alla
luce della quale la vigente disciplina in materia di ergastolo ostativo viola
il principio della dignità umana nella parte in cui limita l’accesso alla
liberazione condizionale alla sola ipotesi di collaborazione, poiché il difetto
della collaborazione non può sempre essere collegato a una scelta libera e
volontaria (non si può escludere che il rifiuto di collaborare con la giustizia
risieda nella paura di mettere in pericolo la propria vita o quella della
propria famiglia), posto che la collaborazione, di per sé, non sempre riflette
un vero cambiamento o una effettiva dissociazione dall'ambiente criminale
(Corte EDU, sez. I, Marcello Viola c. Italia, 13 giugno 2019).
Sulla scorta
della novella introdotta dal DDL n. 2574, i condannati all’ergastolo per
reati ostativi non collaboranti potranno richiedere la liberazione condizionale
dopo l’espiazione di 30 anni di pena (o di 26 anni per i condannati a
reati ostativi collaboranti) purché siano soddisfatti i medesimi
requisiti previsti in materia di accesso ai benefici penitenziari; la pena
dell’ergastolo verrà estinta decorsi 10 anni dalla data del provvedimento con
il quale viene concessa la liberazione condizionale.
Tale
previsione, così come è stata formulata, non può che generare dubbi in punto
legittimità costituzionale e compatibilità con la Convenzione europea per i
diritti dell’uomo per la condizione prevista dal DDL quanto alla condizione di
30 anni di pena per la presentazione della richiesta; la Corte EDU, infatti, richiamando
lo Statuto della Corte penale internazionale, ha fissato a 25 anni il tempo da
prendere in considerazione per l’accesso alla liberazione condizionale.
Oltre a ciò,
sembra emergere una evidente disparità di trattamento tra detenuti
collaboranti e non collaboranti laddove si prevede l’espiazione di 30 anni
in luogo di 26 in presenza delle diverse condizioni di collaborazione.
Conclusioni.
Il DDL. N. 2574,
approvato dalla Camera il 31/03/2022, si pone come primario obbiettivo quello
di adeguare le esigenze di sicurezza collettiva con il principio di
rieducazione della pena, modificando le condizioni di accesso ai benefici
penitenziari e al regime di libertà condizione per i detenuti per reati
ostativi non collaboranti.
Nonostante
l’impegno profuso dal Legislatore, tale novella sembra presentare dei problemi
di legittimità costituzionale laddove crea una forte disparità di trattamento
tra i condannati non collaboranti e i detenuti collaboranti in materia di
accesso al regime di libertà condizionale.
La proposta di Legge, già oggetto di alcuni
modifiche da parte della Camera dei Deputati che ha ritenuto di escludere la
possibilità di formulare istanza di liberazione condizionale per i detenuti in
regime di 41 bis sino alla revoca del carcere duro, potrebbe essere
ulteriormente emendata dal Senato, ove
ci si augura possano essere risolti i segnalati problemi di legittimità
costituzionale