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Pubblicato il 23/03/2022

L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto può applicarsi anche al reo con precedenti penali? Una recente sentenza della Suprema Corte sull’argomento.

Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Particolare tenuità del fatto

Applicazione dell'istituto della particolare tenuità del fatto a fronte della presenza di precedenti penali in capo all'imputato. 

L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto può applicarsi anche al reo con precedenti penali? Una recente sentenza della Suprema Corte sull’argomento.

Introduzione.

Il Legislatore, attraverso l’art. 131 bis c.p., ha introdotto l’importante istituto della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto che si applica qualora il comportamento del reo non sia abituale e l’offesa cagionata dal fatto reato sia di particolare tenuità.

Trattasi di una disposizione che trova larghissimo utilizzo qualora, ad esempio, si proceda per un furto di irrisorie somme di denaro e/o beni di poco valore; tuttavia, anche in questi casi, la sua applicazione può essere esclusa quando venga accertata un’abitualità del reo nella commissione di reati, che può essere agevolmente desunta dalla presenza sul casellario giudiziale di precedenti penali.

Con sentenza n. 8302/2022 del 10 marzo 2022, la IV sezione della Corte di Cassazione ha meglio precisato il concetto di abitualità della condotta, affermando che non è sufficiente il mero riferimento a precedenti penali in capo al reo, dovendo il Giudice invece vagliare se l’imputato ha commesso più reati della stessa indole e/o vi sia una dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza.   

L’art. 131 bis c.p.: l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

L’art. 131 bis c.p., inserito nel codice penale attraverso l’art. 1 comma 2 del D.Lgs. 28/2015, introduce una causa di esclusione della punibilità: l'istituto trova applicazione solo qualora siano rispettati alcuni presupposti, tra i quali figura, innanzitutto, la commissione di un reato per il quale sia prevista la pena edittale detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni e sempre che non vi siano elementi incompatibili con la tenuità del fatto, come, ad esempio, il fatto che l'autore abbia agito per motivi abietti o futili, con crudeltà, anche in danno di animali, o abbia adoperato sevizie o abbia approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta abbia cagionato o dalla medesima siano derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona (ex art. 131 bis, comma 4).

L'offesa non può dirsi di particolare tenuità neppure quando si proceda per delitti puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a due anni e sei mesi, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero nei caso di cui agli artt. 336337 e 341-bis c.p., quando il reato sia commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni.

Con specifico riguardo al requisito della non abitualità, l’art. 131 bis, comma 3 c.p., afferma che il comportamento è da ritenere “abituale” qualora l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali o reiterate.

Spetta al Giudice valutare se l’offesa sia di particolare tenuità e se le violazioni commesse dall’imputato possano essere ritenute o meno non abituali e/o episodiche e, pertanto, non ostative ai fini del riconoscimento della causa di esclusione della punibilità in esame (Cass. pen., sez. II, n. 19932/2017).

La riforma del processo penale: l’art. 131 bis c.p..

Per maggior comprensione dell’istituto, è doveroso evidenziare che la riforma Cartabia del processo penale (l.134/2021) è intervenuta anche in materia di particolare tenuità del fatto, modificando parzialmente le caratteristiche applicative dell’art. 131 bis c.p..

Nello specifico, è previsto, in primis, un mutamento del limite di applicabilità dell’istituto, al quale si potrà ricorrere solo qualora la fattispecie sia punita con una pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, e, in secundis, un ampliamento del novero delle esclusioni, ossia dei casi in cui l’offesa, per ragioni di coerenza sistematica o empirico-criminologiche, non potrà essere considerata di lieve entità (ad esempio nel caso in cui si proceda per specifiche fattispecie di reato quali: maltrattamenti in famiglia e, in generale, reati di violenza domestica); infine, secondo quella che sarà la nuova formulazione dell’art. 131 bis c.p., ai fini dell’applicazione di tale istituto si attribuirà valore alla condotta, ad esempio riparativa, tenuta dall’imputato a seguito della commissione del fatto-reato per cui si procede.

Le appena menzionate novità legislative non sono ancora vigenti, poiché contenute in un disegno di legge-delega, da attuarsi nel termine di un anno dalla sua approvazione avvenuta in data 19/10/2021.  

La Sentenza della Suprema Corte n. 8302/2022 del 10 marzo 2022.

Recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8302/2022, ha delineato con maggiore precisione e chiarezza i confini applicativi dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto disciplinata dall’art. 131 bis c.p..

In particolare, la Corte d’Appello di Venezia, confermando quanto statuito dal Giudice di prime cure, aveva escluso l’applicazione dell’istituto, poiché, a causa dei numerosissimi precedenti penali dell’imputato, non veniva rispettato il requisito necessario della non  abitualità del comportamento.

Sul punto, i Giudici di legittimità hanno chiarito che “il mero richiamo di plurimi precedenti penali di cui l’imputato risulti gravato non è sufficiente a giustificare il mancato riconoscimento dell’esimente. Il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, infatti, non è precluso dall’esistenza di precedenti penali gravanti sull’imputato, pur quando, sulla base di essi, si sia applicata una pena superiore al minimo edittale, atteso che i parametri di valutazione di cui all’art. 131 bis c.p., hanno natura e struttura oggettiva, ed operano su un piano diverso da quelli sulla personalità del reo. I precedenti penali possono assumere valenza ostativa solo ove l’imputato risulti essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, oppure abbia commesso più reati della stessa indole” (Cass. pen., sez. IV, n. 8302/2022).

Conclusioni.

 L’applicazione dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto è condizionata alla sussistenza di specifici requisiti individuati dall’art.131 bis c.p., tra cui si annoverano l’esiguità dell’offesa prodottasi a seguito della commissione del fatto reato e la non abitualità del comportamento del reo.

L’esistenza di precedenti penali gravanti sull’imputato era valutata negativamente ai fini del riconoscimento dell’esimente, la cui applicazione era esclusa a causa della mancata sussistenza del requisito della non abitualità del comportamento.

Tuttavia, di recente, la Corte di Cassazione, attraverso la pronuncia n. 8302/2022, ha meglio specificato il requisito della non abitualità richiesto dall’art. 131 bis c.p., chiarendo che la presenza di precedenti penali in capo all’imputato è di per sé ostativa solo nel caso in cui vi sia una dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza o qualora i precedenti reati commessi siano della stessa indole di quello contestato; perciò, in tutti gli altri casi, la mera esistenza di precedenti penali, non è sintomatica di un’abitualità del comportamento del reo

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