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Pubblicato il 14/01/2022

L’età del consenso: quando per il nostro ordinamento è considerato reato avere un rapporto sessuale con un minorenne.

Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Minori e pedopornografia domestica

Quando è ritenuto valido il consenso del minore ad un rapporto sessuale? 

L’età del consenso: quando per il nostro ordinamento è considerato reato avere un rapporto sessuale con un minorenne.

Introduzione.

L’età del consenso, intesa quale età minima prevista per poter esprimere validamente il proprio consenso ad un rapporto sessuale, varia da Stato a Stato.

A titolo meramente esemplificativo, l’età del consenso oscilla tra i 18 anni, richiesti, ad esempio, in alcuni stati degli USA, ai 12 del Messico.

Invero, in Spagna l’età minima è di 13 anni, mentre in Inghilterra e Regno Unito è di 16, senza contare Stati come la Svizzera e la Germania nei quali l’età del consenso è, rispettivamente, di 16 e 14 anni.

La posizione del Legislatore italiano in materia.

Nel nostro ordinamento l’età del consenso è fissata a 14 anni, tuttavia vi sono delle eccezioni.

L’art. 609-quater c.p., rubricato “Atti sessuali con minorenne”, punisce la condotta di chi “al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 609-bis c.p., compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto:

1) non ha compiuto gli anni quattordici;

2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza.”

In altre parole, il Legislatore italiano sanziona, attraverso la sopracitata disposizione, chiunque abbia rapporti sessuali con un minore di anni 14 o con un minore di anni 16 qualora l’altra persona sia l’ascendente, il genitore (anche adottivo), il tutore o colui al quale viene affidata la cura, l’istruzione, l’educazione, la vigilanza o la custodia del minore stesso.

Giova precisare come ai fini della configurabilità del reato a nulla rilevi la manifestazione del consenso del minore al rapporto sessuale, poiché, al di sotto dei limiti di età sopra individuati, si ritiene che il soggetto minorenne non sia in grado di esprimere un consenso pieno, libero e consapevole ad un rapporto sessuale.

Sul punto, la Giurisprudenza è granitica nell’affermare che “il sistema prevede una tutela progressiva (due fasce di età: 14/16 e 16/18) che configura, comunque, il reato anche in presenza del pieno consenso del minore. […] il delitto di cui all'art. 609 quater, a differenza dell'ipotesi di cui all'art. 609 bis, in generale, punisce chiunque compia atti sessuali con persona minore, anche se consenziente, senza che assumano rilievo la concreta lesione della libertà sessuale della vittima ed il suo successivo corretto sviluppo psicofisico” (Cass. pen., sez. III, n. 24342/2015).

Il secondo comma dell’art. 609 quater c.p. statuisce quanto segue: “fuori dei casi previsti dall'articolo 609 bis, l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest'ultimo una relazione di convivenza, che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni”.

In quest’ultima ipotesi, il Legislatore ha individuato una cornice edittale meno aspra rispetto al primo comma, applicabile qualora il minore di 16 anni abbia sì prestato un consenso al rapporto sessuale con i soggetti sopra indicati, ma tale consenso sia stato viziato nella sua formazione dall’aver abusato dei poteri connessi alla posizione rivestita dall’agente.

Ed ancora, il quinto comma dell’art. 609 quater c.p. stabilisce che “nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”.

Sebbene non sia possibile dare una definizione generale del concetto di “minore gravità”, che va accertata nel caso concreto, la Giurisprudenza ha individuato degli indici rilevanti che consentono il riconoscimento della diminuente; a titolo meramente esemplificativo, i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all’età sono tutti elementi idonei a qualificare la minore gravità del fatto, così come il consenso della vittima che “se inidoneo ad escludere la configurabilità del reato di violenza sessuale, può essere valutato dal giudice al fine di riconoscere la circostanza attenuante della minore gravità, nel quadro, tuttavia, di una valutazione globale del fatto” (Cass. pen., sez. III, n. 52380/2016).

I rapporti sessuali tra minorenni.

L’art. 609 quater c.p., approfondisce altresì l’ipotesi di rapporti sessuali tra due soggetti minorenni.

Nello specifico, si prevede che “non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 609 bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a quattro anni”.

Quindi, il Legislatore italiano ha ritenuto di dover escludere la punibilità qualora l’atto sessuale sia compiuto tra due minori, purché maggiori di anni 13 e se la differenza di età tra i giovani non sia superiore a 4 anni.

Conclusioni.

Sebbene l’età del consenso differisca da Paese a Paese, l’intento di ciascuno Stato nel fissare un limite anagrafico per poter avere rapporti sessuali liberi e consapevoli è il medesimo: la tutela dell’integrità psico-fisica del minore.

L’ordinamento italiano, in particolare, ha cercato di perseguire tale scopo attraverso la previsione di molteplici disposizioni, tra cui l’art. 609 quater c.p. esaminato nel presente articolo, e la copiosa Giurisprudenza in materia che, negli anni, si è dimostrata sempre più garantista e protettiva nei confronti dei soggetti minorenni.

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