Pubblicato il 22/11/2021
Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Riforma del processo penale
Dubbi e possibili conseguenze circa l'interpretazione dell'art. 344 bis c.p.p..
Introduzione.
Ancor prima della sua effettiva entrata in vigore, l’art. 344 bis c.p.p. in materia di improcedibilità dell’azione penale desta non poche perplessità circa la sua possibile applicazione retroattiva.
L’istituto in esame, come già esaminato negli articoli “Il punto sulla prescrizione nella Riforma Cartabia del processo penale” e “Riforma Cartabia: l’improcedibilità del giudizio penale e la prosecuzione dell’azione civile”, si applica qualora il giudizio d’appello e quello dinnanzi la Suprema Corte non vengano definiti entro specifici termini.
Si sta già discutendo circa la possibilità di applicare retroattivamente l’art. 344 bis c.p.p., oltre il limite espressamente previsto dalla Riforma Cartabia e individuato per i fatti commessi dopo la data del 1° gennaio 2020.
Il principio dell’irretroattività della legge penale.
L’art 2 del codice penale così recita: “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato”.
Le perplessità di cui sopra si è fatto cenno, nascono dalla formulazione del comma 4 del medesimo articolo: “se la legge del tempo in cui fu commesso il fatto e le posteriori sono diverse si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”.
Il nostro ordinamento stabilisce, quindi, come regola generale il principio di irretroattività della legge penale, tuttavia, in virtù del principio di eguaglianza, costituzionalmente garantito, vi è la necessità di applicare il medesimo trattamento sanzionatorio, quantomeno in specie e in natura, a prescindere dalla circostanza che i fatti siano stati commessi prima o dopo l’entrata in vigore della norma che ha disposto una depenalizzazione o la modifica mitigatrice.
Ciò significa che, l’imputato sotto processo ha diritto di godere della norma più favorevole anche se non era in vigore nel momento in cui ha commesso il reato, rendendosi la stessa retroattiva.
La possibilità di applicare retroattivamente la legge penale dipende dalla natura della norma; in particolare, se si tratta di regole processuali, ossia norme che si limitano a scandire i tempi processuali senza intaccare le garanzie fondamentali, vige il principio dell’irretroattività (tempus regit actum); al contrario, se si tratta di una norma sostanziale, ovverosia norme che delineano l’area dell’illecito penale, andando ad includere i requisiti costitutivi del reato, le condizioni di punibilità e le relative conseguenze penali, la retroattività è possibile qualora nel caso concreto si debba applicare una legge penale più favorevole.
L’improcedibilità: un istituto ibrido.
Il neo art. 344 bis c.p.p., è ostentato quale norma processuale ma le prime riflessioni degli studiosi di diritto hanno evidenziato come, in concreto, tale istituto abbia degli evidenti effetti sostanziali, poiché incide direttamente sulla punibilità: se il processo termina dopo due anni in Appello, l’imputato non può più essere condannato.
Pertanto, l’istituto dell’improcedibilità deve inquadrarsi come strumento altamente ibrido, non già solo processuale, bensì anche, e soprattutto, sostanziale.
L’art. 344 bis c.p.p., così come pensato dal Legislatore, rischia di seguire le orme dell’art. 10 comma 3 della Legge ex - Cirielli, c.d. “accorcia prescrizione”, il quale proibiva di applicare la prescrizione più breve ai processi in cui fosse già stato aperto il dibattimento di primo grado. Tale norma, sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale, è stata dichiarata incostituzionale poiché “limita in modo non ragionevole il principio della retroattività della legge penale più mite e viola l’art. 3 della Costituzione”. Tale principio, tuttavia, “può essere sacrificato da una legge ordinaria solo in favore di interessi di analogo rilievo” (Corte Cost. n. 393/2006).
A ben vedere il diritto di godere della norma più favorevole è altresì previsto dal diritto internazionale ed europeo; nello specifico, l’art. 15 comma 1, terzo periodo del Patto internazionale sui diritti civili e politici prevede che “se, posteriormente alla commissione del reato, la legge prevede l’applicazione di una pena più lieve, il colpevole deve beneficiarne” mentre l’art. 49, paragrafo 1, terzo periodo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea “se, successivamente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una pena più lieve, occorre applicare quest'ultima”.
Anche a voler attribuire forzatamente una veste processuale ad un istituto che, inevitabilmente, produce degli effetti sostanziali, alla luce del mero principio di ragionevolezza, non si potrà impedire all’art. 344 bis c.p.p. di agire retroattivamente.
Conclusioni.
A distanza di pochi mesi dall’approvazione in Senato del testo della riforma del processo penale, ci si è già ampiamente interrogati sulla possibilità di applicare retroattivamente l’istituto dell’improcedibilità dell’azione penale, superando così il limite temporale tassativamente previsto dalla riforma ed individuato nei fatti commessi successivamente al 1° gennaio 2020.
Nonostante ad oggi sia estremamente complesso prevedere i concreti risvolti della vicenda in esame, è evidente che l’improcedibilità, seppur vestita da regola processuale, si possa definire una norma a effetti sostanziali.
Non resta che attendere risposte certe provenienti dalla Corte Costituzionale che, presumibilmente, molto presto sarà chiamata a pronunciarsi.