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Pubblicato il 14/10/2021

Il diritto all'oblio nella riforma Cartabia: una tutela dei diritti dell'indagato prosciolto e dell'imputato assolto. Commento dell'Avv. Francesco Montesano

Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Riforma del processo penale

Diritto all'oblio per gli indagati prosciolti e gli imputati assolti: una novità o non proprio? 

Il diritto all'oblio nella riforma Cartabia: una tutela dei diritti dell'indagato prosciolto e dell'imputato assolto. Commento dell'Avv. Francesco Montesano

Introduzione.

La Riforma Cartabia, recentemente approvata dal Senato, prevede, all’art. 1 comma 25 che i decreti legislativi recanti modifiche alle norme di attuazione, di coordina­mento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di comunicazione della sentenza sono adottati nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: prevedere che il decreto di archiviazione e la sentenza di non luogo a procedere o di assolu­zione costituiscano titolo per l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione che, nel rispetto della normativa dell’Unione eu­ropea in materia di dati personali, garantisca in modo effettivo il diritto all’oblio degli in­dagati o imputati.

Il diritto all’oblio così come previsto va valutato positivamente poiché afferma un principio di garantismo troppo volte ancora dimenticato.

E’ giusto, però, evidenziare e ribadire come la riforma si occupi dell’oblio limitatamente all’ambito della sola comunicazione dei provvedimenti definitivi.

Decreto di archiviazione, sentenza di non luogo a procedere, sentenza di assoluzione sono titoli per ottenere il diritto all’oblio in automatico ingiungendo la deindicizzazione al motore di ricerca.

Sono, quindi, escluse molte altre situazioni come, a mero titolo esemplificativo, il caso di una ordinanza cautelare che disponeva gli arresti domiciliari successivamente revocata.

In queste vicende, tuttavia ci viene in aiuto la consolidata la giurisprudenza sul punto di cui più avanti si dirà che, di fatto, consente di chiedere ed ottenere comunque la deindicizzazione.

Su questo aspetto, torneremo più avanti.

Chi può avere titolo per richiedere l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione e a chi tale richiesta deve essere rivolta?

Tutti gli imputati assolti o gli indagati originari in un procedimento poi archiviato potranno chiedere e ottenere la deindicizzazione dei propri dati sul web semplicemente in base alla sentenza pronunciata in loro favore.

Ciò significa che il fatto storico, pur continuando a permanere in rete, non sarà più visibile: chi cercherà quel nome e cognome su Internet non troverà più le informazioni su quella vicenda giudiziaria e, viceversa, chi ricercherà notizie su un determinato processo non dovrebbe reperire i nominativi associati ad esso.

La Riforma interviene su una norma delle disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale che riguarda le comunicazioni delle sentenze, prevedendo che i decreti di archiviazione, le sentenze di non luogo a procedere e le sentenze di assoluzione vengano comunicati al Garante per la protezione dei dati personali e «costituiscano titolo per l’emissione senza indugio di un provvedimento di deindicizzazione dalla rete Internet dei contenuti relativi al procedimento penale contenenti i dati personali degli indagati o imputati»

In poche parole, ogni persona assolta o prosciolta potrà richiedere, in base al provvedimento del Giudice, che i propri dati non compaiano più sui motori di ricerca, a partire dal più utilizzato, cioè Google.

Finora, il diritto dell’interessato alla cancellazione dei propri dati dalla rete Internet poteva essere esercitato soltanto mediante una domanda di deindicizzazione a Google (spesso non accolta) e successivamente con il ricorso al Garante della privacy o all’Autorità Giudiziaria. La domanda del cittadino veniva decisa caso per caso, bilanciando il diritto all’oblio con il diritto di cronaca e, dunque, di permanenza della notizia per la sua consultazione perenne sul web.  

Con questa riforma il diritto all’oblio prevale sul diritto all’informazione e, in particolare, sul diritto di cronaca che riguarda soprattutto personaggi noti ma anche comuni cittadini che finiscono in vicende giudiziarie di grande clamore.

Ciò detto, era veramente necessario prevedere, nella Riforma Cartabia il diritto all’oblio verso gli indagati prosciolti e gli imputati assolti oppure la normativa UE, e in particolare l’art. 17 del GDPR introduttivo del diritto all’oblio a livello di legge, già lo contemplava?

In verità, le sopra citate norme, la giurisprudenza (si veda in particolare CGUE Costeja/Google 13.05.2014 ) e i provvedimenti del Garante della Privacy già lo consentivano da tempo.

Le rassegne di legittimità e di merito denotano, infatti, un orientamento consolidato in materia: gli archivi dei giornali online e “la privacy” (ossia diritto alla conservazione dell’attualità della propria identità digitale), trovano bilanciamento in base al principio di proporzionalità nella pratica della deindicizzazione.

Si tratta invero di un orientamento già inaugurato dal nostro Garante Privacy con il provvedimento “Archivi storici on line dei quotidiani: accoglimento dell’opposizione dell’interessato alla reperibilità delle proprie generalità attraverso i motori di ricerca” - 11 dicembre 2008, che fu fonte ispiratrice della storica Cass. 5525/2012, poi consacrato dalla CGUE Costeja/Google del 13 maggio 2014.

Nel 2016 il diritto all’oblio è stato normativizzato dall’art. 17 del GDPR entrato in vigore dal 2018.

Come sopra accennato, vi è un’altra osservazione che, da un punto di vista critico, può essere formulata nei confronti della previsione di cui all’art.1 comma 25 della Riforma Cartabia: nell’ambito specifico del rapporto tra notizie di cronaca giudiziaria da un lato e diritto all’oblio dall’altro, la riforma coglie solo uno degli aspetti possibili e cioè quello inerente all’archiviazione dalla posizione di indagato, al provvedimento di non luogo a procedere e alla decisione assolutoria, seppur transitoria;

Vi sono senza dubbio situazioni diverse, pensiamo per esempio al caso di un imprenditore - mai coinvolto in una indagine - oggetto di un recente articolo sul web per la sua presunta vicinanza a clan mafiosi desunta da intercettazioni telefoniche di terzi, dove la Riforma Cartabia non potrebbe essere in alcun modo di aiuto.

Fortunatamente, a prescindere dalla Riforma, la Cassazione, sul punto granitica, prescindendo dallo status di indagato o imputato, si è pronunciata in materia di diritto all’oblio, ritenendo che “il diritto di ogni persona all'oblio, strettamente collegato ai diritti alla riservatezza e all'identità personale, deve essere bilanciato con il diritto della collettività all'informazione, sicché, anche prima dell'entrata in vigore dell'art. 17 Regolamento (UE) 2016/679, qualora sia pubblicato sul "web" un articolo di interesse generale ma lesivo dei diritti di un soggetto che non rivesta la qualità di personaggio pubblico, noto a livello nazionale, può essere disposta la "deindicizzazione" dell'articolo dal motore ricerca, al fine di evitare che un accesso agevolato, e protratto nel tempo, ai dati personali di tale soggetto, tramite il semplice utilizzo di parole chiave, possa ledere il diritto di quest'ultimo a non vedersi reiteratamente attribuita una biografia telematica, diversa da quella reale e costituente oggetto di notizie ormai superate” (Corte di Cassazione, Sez. 1 - , Ordinanza n. 15160 del 31/05/2021).

La pronunzia n. 19681 del 2019 emessa dalla Cassazione Civile a Sezioni Unite in materia di diritto all’oblio si concentra su un caso che esula dall’utilizzo di internet, ma che risulta altrettanto importante per la ricostruzione del quadro giurisprudenziale, molto ripreso dall’Ordinanza interlocutoria (Cass. civ., sez. III, ord. 5 novembre 2018, n. 28084).

L’Ordinanza interlocutoria individua i criteri raccolti fino a quel momento, in modo non del tutto sistematico, dalla giurisprudenza interna ed europea per l’applicazione del diritto all’oblio: la notorietà dell'interessato, il suo coinvolgimento nella vita pubblica, il contributo ad un dibattito di interesse generale, l'oggetto della notizia, la forma della pubblicazione ed il tempo trascorso dal momento in cui i fatti si sono effettivamente verificati, nonché la sproporzione tra l’esigenza informativa e i diritti dell’interessato.

L’Ordinanza ha rinviato alle Sezioni Unite affinché le stesse potessero individuare dei criteri univoci per l’applicazione del diritto all’oblio; tuttavia, nonostante le pressioni dottrinali e giurisprudenziali, le Sezioni Unite hanno sostenuto che “alle Sezioni Unite non è affidata «l'enunciazione di principi generali e astratti o di verità dogmatiche sul diritto, ma la soluzione di questioni di principio di valenza nomofilattica pur sempre riferibili alla specificità del singolo caso della vita»”.

Conclusioni.

La previsione del diritto all’oblio nella Riforma Cartabia va considerata positivamente sotto il profilo della riaffermazione del principio di garantismo che deve sempre essere alla base del nostro ordinamento; consente, unicamente per le ipotesi di indagato prosciolto e imputato assolto, di richiedere direttamente la deindicizzazione anche se, dobbiamo precisarlo, la giurisprudenza creatasi sulla normativa UE e sulle decisioni della Suprema Corte, già prevedeva tale possibilità anche per situazioni diverse da quelle previste dalla Riforma.

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