Pubblicato il 14/10/2021
Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Riforma del processo penale
Diritto all'oblio per gli indagati prosciolti e gli imputati assolti: una novità o non proprio?
Introduzione.
La Riforma Cartabia, recentemente
approvata dal Senato, prevede, all’art. 1 comma 25 che ” i
decreti legislativi recanti modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento
e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28
luglio 1989, n. 271, in materia di comunicazione della sentenza sono adottati
nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: prevedere che il decreto di archiviazione e la sentenza di non luogo a
procedere o di assoluzione costituiscano titolo per l’emissione di un
provvedimento di deindicizzazione che, nel rispetto della normativa dell’Unione
europea in materia di dati personali, garantisca in modo effettivo il diritto
all’oblio degli indagati o imputati”.
Il diritto all’oblio così come previsto va
valutato positivamente poiché afferma un principio di garantismo troppo volte
ancora dimenticato.
E’ giusto, però, evidenziare e ribadire
come la riforma si occupi dell’oblio limitatamente all’ambito della sola comunicazione
dei provvedimenti definitivi.
Decreto di archiviazione, sentenza di non luogo a procedere, sentenza
di assoluzione sono titoli per ottenere il diritto all’oblio in automatico ingiungendo la deindicizzazione al
motore di ricerca.
Sono, quindi, escluse molte altre situazioni come, a mero titolo
esemplificativo, il caso di una ordinanza cautelare che disponeva gli arresti
domiciliari successivamente revocata.
In queste vicende, tuttavia ci viene in aiuto la consolidata la
giurisprudenza sul punto di cui più avanti si dirà che, di fatto, consente di chiedere
ed ottenere comunque la deindicizzazione.
Su questo aspetto, torneremo più avanti.
Chi può avere titolo per richiedere
l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione e a chi tale richiesta deve
essere rivolta?
Tutti
gli imputati assolti o
gli indagati originari in un procedimento poi archiviato potranno chiedere e
ottenere la deindicizzazione dei
propri dati sul web semplicemente in base alla sentenza pronunciata in loro
favore.
Ciò significa che il fatto storico, pur
continuando a permanere in rete, non sarà più visibile: chi cercherà quel nome
e cognome su Internet non troverà più le informazioni su quella vicenda
giudiziaria e, viceversa, chi ricercherà notizie su un determinato processo non
dovrebbe reperire i nominativi associati ad esso.
La Riforma interviene su una norma delle
disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale che riguarda
le comunicazioni delle sentenze, prevedendo che i decreti di archiviazione, le
sentenze di non luogo a procedere e le sentenze di assoluzione vengano
comunicati al Garante per la protezione dei dati personali e «costituiscano titolo per l’emissione senza
indugio di un provvedimento di deindicizzazione dalla rete
Internet dei contenuti relativi al procedimento penale contenenti i dati
personali degli indagati o imputati».
In poche parole, ogni persona assolta o
prosciolta potrà richiedere, in base al provvedimento del Giudice, che i propri
dati non compaiano più sui motori
di ricerca, a partire dal più utilizzato, cioè Google.
Finora, il diritto dell’interessato alla
cancellazione dei propri dati dalla rete Internet poteva essere esercitato
soltanto mediante una domanda di deindicizzazione a Google (spesso non
accolta) e successivamente con il ricorso al Garante della privacy o all’Autorità
Giudiziaria. La domanda del cittadino veniva decisa caso per caso, bilanciando
il diritto all’oblio con il diritto di cronaca e, dunque, di permanenza della
notizia per la sua consultazione perenne sul web.
Con
questa riforma il diritto all’oblio prevale sul diritto all’informazione e, in
particolare, sul diritto di
cronaca che riguarda
soprattutto personaggi noti ma anche comuni cittadini che finiscono in vicende
giudiziarie di grande clamore.
Ciò detto, era veramente necessario
prevedere, nella Riforma Cartabia il diritto all’oblio verso gli indagati prosciolti
e gli imputati assolti oppure la normativa UE, e in particolare l’art. 17 del
GDPR introduttivo del diritto all’oblio a livello di legge, già lo contemplava?
In verità, le sopra citate norme, la giurisprudenza (si veda in particolare CGUE Costeja/Google 13.05.2014 ) e i
provvedimenti del Garante della Privacy già lo consentivano da tempo.
Le rassegne di legittimità e di merito
denotano, infatti, un orientamento consolidato in materia: gli archivi dei
giornali online e “la privacy” (ossia diritto
alla conservazione dell’attualità della propria identità digitale), trovano
bilanciamento in base al principio di
proporzionalità nella pratica della deindicizzazione.
Si tratta invero di un orientamento già inaugurato
dal nostro Garante Privacy con il provvedimento “Archivi storici on line dei quotidiani: accoglimento dell’opposizione
dell’interessato alla reperibilità delle proprie generalità attraverso i motori
di ricerca” - 11 dicembre 2008, che fu fonte ispiratrice della
storica Cass. 5525/2012, poi consacrato dalla CGUE Costeja/Google del 13 maggio
2014.
Nel
2016 il diritto all’oblio è stato normativizzato dall’art. 17 del GDPR entrato
in vigore dal 2018.
Come sopra accennato, vi è un’altra
osservazione che, da un punto di vista critico, può essere formulata nei
confronti della previsione di cui all’art.1 comma 25 della Riforma Cartabia: nell’ambito
specifico del rapporto tra notizie di cronaca giudiziaria da un lato e diritto
all’oblio dall’altro, la riforma coglie
solo uno degli aspetti possibili e cioè quello inerente all’archiviazione dalla
posizione di indagato, al provvedimento di non luogo a procedere e alla
decisione assolutoria, seppur transitoria;
Vi sono senza dubbio situazioni diverse,
pensiamo per esempio al caso di un imprenditore - mai coinvolto in una indagine
- oggetto di un recente articolo sul web per la sua presunta vicinanza a clan
mafiosi desunta da intercettazioni telefoniche di terzi, dove la Riforma
Cartabia non potrebbe essere in alcun modo di aiuto.
Fortunatamente, a prescindere dalla
Riforma, la Cassazione, sul punto granitica, prescindendo dallo status di indagato o imputato, si è
pronunciata in materia di diritto all’oblio, ritenendo che “il diritto
di ogni persona all'oblio, strettamente collegato ai diritti alla riservatezza
e all'identità personale, deve essere bilanciato con il diritto della
collettività all'informazione, sicché, anche prima dell'entrata in vigore
dell'art. 17 Regolamento (UE) 2016/679, qualora sia pubblicato sul
"web" un articolo di interesse generale ma lesivo dei diritti di un
soggetto che non rivesta la qualità di personaggio pubblico, noto a livello
nazionale, può essere disposta la "deindicizzazione" dell'articolo
dal motore ricerca, al fine di evitare che un accesso agevolato, e protratto
nel tempo, ai dati personali di tale soggetto, tramite il semplice utilizzo di
parole chiave, possa ledere il diritto di quest'ultimo a non vedersi reiteratamente
attribuita una biografia telematica, diversa da quella reale e costituente
oggetto di notizie ormai superate” (Corte
di Cassazione, Sez. 1 - , Ordinanza n. 15160 del 31/05/2021).
La pronunzia n. 19681 del 2019 emessa dalla
Cassazione Civile a Sezioni Unite in materia di diritto all’oblio si concentra
su un caso che esula dall’utilizzo di internet, ma che risulta altrettanto importante
per la ricostruzione del quadro giurisprudenziale, molto ripreso dall’Ordinanza
interlocutoria (Cass. civ., sez. III, ord. 5 novembre 2018, n. 28084).
L’Ordinanza interlocutoria individua i
criteri raccolti fino a quel momento, in modo non del tutto sistematico, dalla
giurisprudenza interna ed europea per l’applicazione del diritto all’oblio: la
notorietà dell'interessato, il suo coinvolgimento nella vita pubblica, il
contributo ad un dibattito di interesse generale, l'oggetto della notizia, la
forma della pubblicazione ed il tempo trascorso dal momento in cui i fatti si
sono effettivamente verificati, nonché la sproporzione tra l’esigenza
informativa e i diritti dell’interessato.
L’Ordinanza ha rinviato alle Sezioni Unite
affinché le stesse potessero individuare dei criteri univoci per l’applicazione
del diritto all’oblio; tuttavia, nonostante le pressioni dottrinali e giurisprudenziali,
le Sezioni Unite hanno sostenuto che “alle Sezioni Unite non è
affidata «l'enunciazione di principi generali e astratti o di verità
dogmatiche sul diritto, ma la soluzione di questioni di principio di valenza
nomofilattica pur sempre riferibili alla specificità del singolo caso della
vita»”.
Conclusioni.
La previsione del
diritto all’oblio nella Riforma Cartabia va considerata positivamente sotto il
profilo della riaffermazione del principio di garantismo che deve sempre essere
alla base del nostro ordinamento; consente, unicamente per le ipotesi di
indagato prosciolto e imputato assolto, di richiedere direttamente la
deindicizzazione anche se, dobbiamo precisarlo, la giurisprudenza creatasi
sulla normativa UE e sulle decisioni della Suprema Corte, già prevedeva tale
possibilità anche per situazioni diverse da quelle previste dalla Riforma.