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Pubblicato il 31/08/2021

Il doping dei dilettanti è sanzionato? Commento dell'Avv. Montesano e della Dott.ssa Pugliese

Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Utilizzo o somministrazione di farmaci o sostanze dopanti

Una ragguardevole percentuale dei praticanti dello sport a livello amatoriale fa uso di sostanze dopanti o di farmaci o super integratori. Quando detti comportamenti sono penalmente sanzionabili e in che modo? 

Il doping dei dilettanti è sanzionato? Commento dell'Avv. Montesano e della Dott.ssa Pugliese

Introduzione.

Negli ultimi anni è aumentato il consumo di sostanze dopanti anche, e soprattutto, da parte di sportivi dilettanti, spesso minori; si stima, infatti, che sempre più uomini e donne che praticano attività fisica amatoriale, integrino il loro allenamento con l’assunzione di sostanze o farmaci proibiti per accrescere il proprio rendimento fisico.

Se da un lato il nostro ordinamento sanziona piuttosto aspramente l’atleta professionista che faccia uso di sostanze dopanti in grado di alterare le prestazioni agonistiche e le condizioni psico-fisiche e biologiche del proprio organismo, dall’altro lato il Legislatore italiano resta silente in materia di doping dilettantistico creando un ingombrante vuoto di tutela.

La disciplina attualmente vigente.

La norma di riferimento in materia di doping è l’art. 586 bis c.p. rubricato “Utilizzo o somministrazione di farmaci o altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”.

All’interno dell’appena citata disposizione sono state trasfuse le sanzioni penali in precedenza previste dall'art. 9 della L. n. 376/2000 (Legge anti doping) ad opera del d.lgs. n. 21/2018.

L'art. 586 bis c.p. punisce con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645 chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste dalla legge, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze.

La medesima sanzione si applica anche a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste dalla legge non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche.

Sono previsti aggravamenti di pena qualora dal fatto derivi un danno per la salute, nonché qualora il fatto sia commesso nei confronti di un minorenne oppure da un componente o da un dipendente del Comitato olimpico nazionale italiano ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un'associazione o di un ente riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano.

Doping e ricettazione.

Il fenomeno del doping, oltre ad essere severamente sanzionato attraverso una fattispecie ad hoc, può comportare dei risvolti ben più gravi che possono sfociare nella configurazione del reato di ricettazione di cui all’art. 648 c.p..

Infatti, l’atleta professionista che acquista e assume consapevolmente sostanze dopanti per migliorare le proprie prestazioni agonistiche può essere imputato di ricettazione, purché ne sussistano gli elementi costitutivi richiesti dalla norma.

Nello specifico, il reato di ricettazione è posto in essere, al di fuori delle ipotesi di concorso nel reato, da chi acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un delitto o si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, con il fine di procurare un profitto per sé o per altri.

La configurabilità della fattispecie in esame dipende dall’accertamento di un reato anteriore, il c.d. reato presupposto.

Venendo agli elementi costitutivi del reato di ricettazione, il soggetto attivo può essere chiunque, ad eccezione di colui che ha concorso nel reato presupposto, e coincide con colui che si rende autore di una condotta così come descritta nell'articolo 648 c.p..  

Con specifico riguardo all’elemento soggettivo, la ricettazione può configurarsi se il soggetto agente è certo della provenienza delittuosa del bene che riceve, anche se non ha precisa cognizione delle circostanze di tempo e di luogo del reato presupposto. Per i Giudici di legittimità (con  pronuncia n. 12704/2012), tale consapevolezza è deducibile da qualsiasi elemento, diretto o indiretto, anche dal comportamento dell'imputato, ovvero dalla insufficiente indicazione, da parte dello stesso, della provenienza della cosa ricevuta, relativamente alla quale è deducibile che il soggetto agente voglia occultarne la provenienza.

Alla luce di quanto appena esposto, è evidente quale sia il ruolo riservato all’art. 586 bis c.p.: tale disposizione può fungere da reato presupposto per l’accertamento e la configurazione del più grave reato di ricettazione, laddove l’atleta professionista acquisti e consumi farmaci o sostanze dopanti, di cui conosce la provenienza e la natura illecita, procurando a sé un profitto, rappresentato, nel caso di specie, dal miglioramento della propria resistenza fisica e le proprie prestazioni agonistiche.

Il doping dilettantistico: una questione di legittimità costituzionale.

Come visto nei precedenti paragrafi, l’art. 586 bis c.p. punisce con fermezza il reato di doping qualora quest’ultimo sia commesso da o a danno di un atleta professionista.

Nessuna parola viene spesa, invece, riguardo al fenomeno del doping dilettantistico, realizzato da chi, non essendo un atleta professionista, svolga attività sportiva a livello amatoriale.

Sul punto, poco meno di un anno fa, in occasione di un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bari, la Terza sezione della Corte di Cassazione, prendendo consapevolezza dell’entità del problema, con ordinanza n. 26326 del 21 settembre 2020, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 76 Cost., dell’art. 586 bis, comma 7, c.p., nella parte in cui prevede il dolo specifico del “fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”.

La censura muove dal rilievo secondo cui il legislatore delegato, nel dare attuazione alla delega contenuta nella c.d. “legge Orlando” (l. n. 103/2017), relativa all’introduzione del principio della c.d. “riserva di codice” nel nostro ordinamento penale,  non si sarebbe limitato a traslare all’interno del codice penale la fattispecie di commercio di sostanze dopanti prevista dall’art. 9, co. 7, legge n. 376 del 2000, ma ne avrebbe altresì modificato il precetto penale.

L’aggiunta del dolo specifico, infatti, sia pure incidendo sul solo elemento soggettivo, ha determinato una parziale abolitio criminis delle condotte di commercio clandestino di sostanze dopanti che, stando all’attuale formulazione dell’art. 586 bis, comma 7, c.p., dovrebbero essere sanzionate penalmente soltanto quando finalizzate all’alterazione delle prestazioni agonistiche degli atleti.

Ad oggi non vi è ancora stata alcuna pronuncia della Corte Costituzionale. 

La conseguenza di questa, volontaria o meno, riduzione dell’area del penalmente rilevante ha senz’altro contribuito ad aprire le porte al fenomeno, ormai sempre più dilagante, del doping dilettantistico.

Infatti, la modifica dell’elemento soggettivo, consistita nell’introduzione del dolo specifico, ha escluso dall’ambito di applicazione della norma tutte quelle condotte che, seppur descritte e sanzionate dalla disposizione stessa, non vengono di fatto punite poiché commesse o rivolte a chi pratica attività sportiva a livello amatoriale, creando di fatto un limbo nel quale (quasi) tutto è lecito.

Conclusioni.

Nonostante la presenza di un solido quadro normativo, rappresentato dalla Legge anti doping n. 376/2000 che sanzionava, all’art. 9, l’utilizzo o la somministrazione di sostanze dopanti, fattispecie sostituita dall’art. 586 bis c.p., il reato di doping trova applicazione solo laddove le sostanze o i farmaci dopanti vengano somministrati o utilizzati da atleti professionisti per alterare le loro prestazioni agonistiche.

E’, quindi, escluso dall’ambito di applicazione dell’art. 586 bis c.p. il c.d. doping dilettantistico, lasciando scoperta da una qualunque forma di tutela una realtà, quella dell’assunzione di sostanze dopanti da parte di chi svolge attività sportiva a livello amatoriale, la cui esistenza e sopravvivenza viene di fatto legittimata dal silenzio del nostro Legislatore.

Non resta che attendere le determinazioni della Corte Costituzionale, nella speranza che un suo celere intervento possa ristabilire un equilibrio finora assente. 

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