Pubblicato il 17/11/2025
Categoria : Diritto Costituzionale | Sottocategoria : Riforma della Separazione delle carriere
Con
la votazione del 30 ottobre 2025, in seconda lettura a maggioranza
assoluta, il Senato ha ufficialmente approvato il disegno di legge
costituzionale, proposto dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, recante
“Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte
disciplinare”. A questo punto è necessario, per modificare definitivamente le
norme costituzionali emendate, che sia indetto un referendum confermativo, con
il quale verrà data la possibilità alla popolazione di esprimere il proprio
consenso o dissenso sulla riforma.
Di
seguito, brevi cenni in riferimento all’iter modificativo di cui all’art 138
della Costituzione, una analisi delle norme oggetto di modifica e qualche
diversa opinione sul tema.
1. La
Riforma e L’Iter previsto dall’art. 138 Cost.
La storia di questa articolata riforma
costituzionale inizia, il 13 giugno 2024, con la presentazione, da parte del
Ministro della Giustizia, del c.d. ddl Nordio.
Il testo è stato, poi, sottoposto ad un
approfondito esame da parte della Commissione parlamentare per gli Affari
costituzionali della Camera e vi sono state aggiunge indicazioni provenienti
anche dall’Unione delle Camere Penali Italiane (impegnata sul tema già dal 2017,
quando raccolse oltre 75.000 firme per supportare la riforma dell’ordinamento
giudiziario).
Il disegno di legge di modifica della
Costituzione, in ottemperanza a quanto previsto dall’art 138 Cost., è stato
approvato a maggioranza assoluta da ciascuna Camera con due successive
deliberazioni.
Poiché in entrambe le camere il testo è stato
approvato con la maggioranza assoluta e non con quella pari ai due terzi, ex
art 130, comma 2-3, Cost., è stato indetto, probabilmente per la prossima primavera,
un referendum confermativo al fine di sottoporre il testo della Riforma
costituzionale all’opinione popolare.
Occorre ricordare che tale tipologia di
referendum, distinguendosi da quello abrogativo, non necessita di quorum;
perciò, sarà ininfluente il numero di elettori che vi parteciperanno.
Andando,
quindi, ai contenuti del disegno di legge costituzionale recante “Norme in
materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte
disciplinare”, obiettivo del Governo è modificare e/o aggiungere prescrizioni agli
artt. 87,102,104,105,106,107 e 110 della Costituzione, prevedendo:
-
La creazione
di due percorsi, formativi e abilitativi, distinti per le carriere dei
magistrati inquirenti (pubblici ministeri) e giudicanti (giudici), al fine di
impedire definitivamente il c.d. “cambio di funzioni”;
-
La formazione
di due diversi Consigli superiori della magistratura (Csm);
-
L’istituzione
di un'Alta camera per le valutazioni disciplinari.
Le
prime due modifiche, che sono una consequenziale all’altra, incidendo sull’art.
104 della Costituzione, non vanno ad intaccare l’indipendenza della
magistratura dal potere esecutivo e legislativo, scindendo esclusivamente le
due carriere e, di conseguenza, i due organi di autogoverno relativi.
In
altre parole, in caso di approvazione, i magistrati giudicanti e requirenti, pur
appartenendo alla medesima categoria, seguiranno ab origine un percorso
formativo e concorsuale differente (ad oggi non ancora predisposto in quanto
non sono ancora state approvate le relative normative di adeguamento) e, una
volta abilitati, faranno riferimento a due Consigli Superiori differenti.
La
normativa, inoltre, incide anche sull’organizzazione dei distinti Csm: da una
parte viene fatta salva la presidenza di entrambi da parte del Presidente della
Repubblica, dall’altra viene introdotto un diverso e ulteriore elemento,
rappresentato dalla previsione che, quanto ai vicepresidenti, questi saranno
estratti a sorte da “un elenco di professori ordinari di università in
materie giuridiche e di avvocati con almeno quindici anni di esercizio”
predisposta dal Parlamento in seduta comune.
L’aspetto,
però, più innovativo della riforma in commento è la creazione, prevista dall’art
4 del disegno di legge, dell’Alta Corte disciplinare.
Se
ex art 105, comma 1, Cost. ai distinti Csm, come anticipato, spettano le
assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità
e i conferimenti di funzioni, all’Alta Corte sarà affidata la giurisdizione
disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari giudicanti e requirenti.
Si
tratta di un collegio composto da 15 giudici (3 nominati dal Presidente della
Repubblica, 3 estratti a sorte da un elenco redatto dal Parlamento, 6 estratti
a sorte da un elenco di magistrati giudicanti, 3 estratti a sorte da un elenco
di magistrati requirenti), all’interno del quale verrà, per un solo mandato di
4 anni, eletto il proprio presidente. Le sentenze dell’Alta Corte potranno
essere impugnate davanti allo stesso organo ma con diverso collegio.
A
seguito di questa breve disamina dei contenuti principali della Riforma,
verranno brevemente illustrate alcune opinioni favorevoli o contrarie alla
stessa.
2. Le
ragioni dei fautori della Riforma.
Stando
ai promotori della Riforma, in primis l’esecutivo e, tra i tanti, anche
l’Unione delle Camere Penali Italiane (che in materia ha pubblicato sul proprio
sito un “Decalogo del Sì” https://www.camerepenali.it/cat/13355/il_decalogo_del_s%C3%8C.html ),
in generale l’obiettivo di tale intervento è cristallizzare il principio di
autonomia reciproca dei magistrati, creando un equilibrio dove il giudice,
esercitando le proprie funzioni, possa essere concretamente imparziale rispetto
all’accusa permettendo a quest’ultima di esercitare liberamente e
responsabilmente l’azione penale (cfr. punto 1 del Decalogo “il giudice deve
essere libero da ogni vincolo e da ogni influenza, distinto da chi esercita
l’accusa. È un principio costituzionale e una condizione essenziale di libertà
per tutti”).
Come
ben riporta il Decalogo del Sì della UCPI al punto 2, scopo della riforma è,
non solo distinguere i magistrati “rendendoli autonomi e complementari,
riportando chiarezza nel sistema”, ma anche, cfr. punto 3, “dare piena
attuazione ai principi costituzionali del processo accusatorio e restituire ai
cittadini la certezza di un giudizio fondato sulle prove e garantito da un
giudice distante allo stesso modo da chi accusa e da chi difende”, ridando
respiro al principio della parità delle armi.
A
tal fine, il sorteggio appare lo strumento che, come rappresentato dalla UCPI
al punto 7, è in grado di garantire una maggiore trasparenza e rivitalizzare la
funzione garantista del Csm, superando “le logiche del correntismo che
condizionano nomine e carriere, facendo prevalere l’appartenenza sul merito e
sulle competenze”.
Quanto
poi all’Alta Corte disciplinare, essa è considerata il perno di questo nuovo
ordinamento giudiziario, in ragione del fatto che, attraverso la sua
strutturazione, è in grado di unire al suo interno sia la necessaria competenza
tecnica che la relativa certezza di autonomia e indipendenza, garantendo
“finalmente che le responsabilità dei magistrati siano valutate con terzietà e
trasparenza” (cfr. punto 9 Decalogo dei Sì).
3. I
rilievi contrari.
Di
contro, molte sono le perplessità emerse, soprattutto, tra i magistrati.
Viene,
infatti, fatto notare, da illustri magistrati quali la Dott.ssa Margherita
Cassano, prima presidente della Corte di cassazione, o il procuratore capo
della Procura di Napoli Dott. Nicola Gratteri, come sia in realtà esiguo il
numero di magistrati, giudicanti o requirenti, che cambiano funzione, decisione
che, di per sé, implica una serie di conseguenze prima tra tutti il
trasferimento in altra regione (ex art 13 del D.lgs. n. 160/2006). Infatti, come
riportato dal giudice Cassano, sentita nel 2024 dalla Commissione parlamentare
Affari costituzionali, “in cinque anni solo 0,83 % dei pubblici ministeri con
funzioni requirenti sono passati a funzioni giudicanti. E sono lo 0,21% la
percentuale dei giudici che sono passati a funzioni requirenti”.
In
relazione, poi, a questi dati statistici è, altresì, doveroso evidenziare come
la procedura di trasferimento ex art 13 del D.lgs. n. 160/2006 sia già stata
precedentemente oggetto del quesito n. 3 del referendum abrogativo indetto per
il 12 giugno 2022, non valido a causa della bassa affluenza (21%) e di diversi
interventi legislativi: Riforma Castelli del 2006/2007, Riforma Cartabia 2022 e
provvedimenti assunti dal governo Draghi circa la possibilità di cambiare
funzione, da giudicante a requirente o viceversa, una sola volta e entro nove
anni dalla prima assegnazione.
Altro
elemento che viene ulteriormente messo in luce è che, nel lungo periodo, la
figura del magistrato requirente, distinta e autonoma dal corrispettivo
giudicante, rischia di essere assoggettata a un sempre più pregnante controllo
dell’esecutivo, subendone le influenze e le direttive (come avviene, ad
esempio, nei sistemi anglosassoni e nord americani con la figura del prosecutor
statale o federale).
Quanto
poi alle rimostranze mosse nei confronti del nuovo criterio di estrazione a sorte
introdotto, come è stato fatto notare dal Prof. Azzariti, costituzionalista,
esso rischia di tradursi in una riduzione dell’autorevolezza del /dei Csm che
rischia di compromettere tanto la capacità funzionale quanto la capacità
rappresentativa dell’organo. Della medesima opinione è, altresì, il Procuratore Nazionale Aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia
Antiterrorismo Maurizio Romanelli che nel suo contributo “La separazione delle
carriere, tra ragioni apparenti e ragioni reali. I perché di un no”, pubblicato
il 20 febbraio 2025 su Sistema Penale, puntualizza come “i sorteggiati
esprimono solo se stessi, non fanno i conti con opinioni diverse, con le
diverse idealità che vengono espresse all’interno del corpo dei magistrati, e
quindi non esprimono in alcun modo il pluralismo delle idee”, da qui la
naturale conseguenza che, applicandolo, il Csm da organo costituzionale
proposto alla tutele e alla garanzia dell’indipendenza della magistratura venga
declassato a mero organo amministrativo o gestionale.
Il
medesimo effetto delegittimante, poi, sempre secondo il dott. Romanelli, è
raggiunto anche con la creazione dell’Alta Corte disciplinare, che sul
presupposto che l’attuale sistema sia inadeguato a garantire la terzietà
dell’organo disciplinare, istituisce un nuovo collegio che svilisce il ruolo
costituzionale del Csm prevedendo non “solo il sorteggio come criterio di
selezione dei magistrati componenti ma un’estrazione a sorte limitata ai
magistrati che hanno svolto o svolgono funzioni di legittimità”.
4. Conclusioni
Certamente
non sarà questo singolo intervento del Legislatore a modificare in melius
la troppo lenta macchina della Giustizia. Tale riforma ha, invece, come
specifico scopo quello di ristabilire, non solo all’apparenza, la distinzione
tra giudice e pubblico ministero, evitando che questi, agli occhi del cittadino
e dei difensori, possano sembrare in qualche modo collegati.
Il
tema, quindi, non ha solo un valore simbolico come sostengono molti Magistrati
ma va ad incidere sul concreto funzionamento del sistema processuale perché,
solo separandone le carriere, si “rafforza la figura del giudice e si restituisce
fiducia, equilibrio e credibilità alla giustizia” (cf. punto 1 Decalogo dei
Sì).
Probabilmente,
insieme a tali interventi di modifica della Costituzione sarà altrettanto
importante una sorta di “rivoluzione culturale”, che permetta di ristabilire,
nella forma e nella sostanza, una autonomia funzionale tra la figura del
pubblico ministero e quella del giudice.