Pubblicato il 08/03/2022
Categoria : Diritto Penale | Sottocategoria : Esecuzione penale
Effetti dell'aggravante di cui all'art. 572 comma 2 c.p. in sede di esecuzione.
Introduzione.
In più occasioni
la giurisprudenza ha fornito chiarimenti in materia di bilanciamento di
circostanze, fissando principi di diritto ormai considerati granitici.
Tuttavia, non
mancano pronunce che, discostandosi dagli orientamenti maggioritari, propongono
diverse e particolari interpretazioni a riguardo.
In data
24/02/2022 il Giudice presso il Tribunale di Monza ha pronunciato un’ordinanza
che ha fornito un diverso punto di vista relativamente all’esecuzione del
trattamento sanzionatorio applicabile nel caso di circostanza aggravante di cui
all’art. 572, comma 2 c.p..
La
circostanza aggravante ex art. 572 comma 2 c.p..
Il comma 2 di
cui all’art. 572 c.p. statuisce quanto segue “la pena è aumentata fino alla
metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna
in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi
dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è
commesso con armi”.
Il comma appena
menzionato rientra tra la categoria delle circostanze aggravanti ad effetto
speciale, le quali determinano un aumento o una diminuzione della pena di oltre
un terzo, che però non viene operato sulla pena ordinaria del reato, bensì
sulla pena stabilita per la circostanza. Si tratta quindi di circostanze per le
quali la legge stabilisce pene di specie diversa oppure determina la pena in
misura indipendente da quella ordinaria del reato.
Orbene, l'art.
572 comma 2 c.p. ha subito negli ultimi anni plurimi interventi modificativi:
inizialmente, la disposizione normativa de qua è stata abrogata per
effetto della L. 119/2013; tuttavia la giurisprudenza ha ritenuto tale abolizione solo apparente,
in quanto il provvedimento legislativo, che ha eliminato tale comma, ha
contestualmente introdotto la previsione dell'articolo 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies, che presenta identica formulazione testuale, ad eccezione del limite di
età del minore (elevato da quattordici a diciotto anni).
Successivamente,
con la L. 69/2019, articolo 9, tra le altre modifiche, è stata inserita
nell'articolo 572 c.p., al comma 2, quale aggravante ad effetto speciale, la
condotta commessa in danno o in presenza di minori, che è stata scollegata
dall'articolo 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies.
Pur descrivendo
delle condotte pacificamente sovrapponibili tra loro, la differenza a livello
sostanziale, tra le appena menzionate circostanze aggravanti (art. 572 comma 2
c.p. e 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies) è di fondamentale importanza:
mentre il reato di cui all’art. 572 comma 2 c.p. si configura solo nel caso
in cui la condotta offensiva rivesta carattere di abitualità, nell’aggravante prevista
dall'art. 61, n. 11-quinquies, c.p., non è necessario che gli atti di
sopraffazione posti in essere alla presenza del minore siano abituali (Cass. pen., sez. VI, del 09/02/2021, n. 8323).
L’ordinanza
del Tribunale di Monza.
La difesa del
condannato chiedeva venisse pronunciata declaratoria di inefficacia dell’ordine
di esecuzione emesso a seguito del passaggio in giudicato della sentenza della
Corte d’Appello di Milano con la quale l’allora imputato veniva condannato per
il reato di maltrattamenti commesso in danno della madre, aggravato dalla
commissione del fatto in presenza di un minore, nonché in danno dei nonni
materni.
La Corte
d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado che aveva
ritenuto l’aggravante di cui all’art. 572 comma 2 c.p. equivalente alle
circostanze attenuanti generiche, ha operato il bilanciamento della contestata
aggravante con le appena menzionate circostanze attenuanti in termini di
prevalenza di quest’ultime.
Divenuta
definitiva la sentenza della Corte di Appello, è stato emesso ordine di
esecuzione nei confronti del condannato che è stato tradotto in carcere per
l’espiazione della pena.
La difesa,
ritenendo che l’aggravante di cui all’art. 572 comma 2 c.p. fosse decaduta a
fronte dell’intervenuta dichiarazione di prevalenza delle circostanze
attenuanti generiche e che, di conseguenza, non vi fosse più alcuna fattispecie
di reato ostativa alla sospensione dell’ordine di esecuzione, tramite incidente
di esecuzione, ha richiesto al Giudice dell’esecuzione che fosse dichiarata
l’inefficacia dell’ordine di esecuzione emesso in assenza della contestuale
sospensione dello stesso.
Il Giudice,
accogliendo la richiesta della difesa e sospendendo l’esecuzione della pena
residua, ha affermato che “se pur riconosciuta sussistente, una circostanza
aggravante sia in concreto “applicata” quando produca un effetto sul
trattamento sanzionatorio, aggravandolo o impendendo la diminuzione della pena
connessa a circostanze attenuanti per effetto di un bilanciamento tra
circostanze eterogenee in termini di equivalenza, e non dunque, quando la
prevalenza di circostanze di segno opposto ne esclude alcuna incidenza concreta
nella determinazione della pena (Cass. 26/06/2007, n. 29989, Cass. 03/05/2011,
n. 25129 e Cass. Sez. unite 23/06/2016, n. 31669 […], “il divieto di sospendere
l’esecuzione delle pene detentive brevi in caso di recidiva reiterata è
subordinato non già alla qualità di recidivo del condannato, bensì alla
circostanza che la recidiva sia stata “applicata”, cioè effettivamente valutata
in quanto circostanza aggravante soggettiva ed abbia perciò prodotto
conseguenze concrete sulla pena irrogata”)”.
In altri
termini, il Giudice dell’esecuzione, richiamando per analogia la giurisprudenza
in materia di bilanciamento della recidiva reiterata, ha sostenuto che qualora
una circostanza aggravante, ostativa alla sospensione dell’ordine di
esecuzione, cessi di produrre effetti sul trattamento sanzionatorio perché
bilanciata per equivalenza o prevalenza rispetto alle circostanze attenuanti,
in tal caso è come se la circostanza aggravante, pur essendo stata
riconosciuta, non fosse “applicata” comportando, di conseguenza, la decadenza del
divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione.
Conclusioni.
L’art. 656
c.p.p., in materia di esecuzione delle pene detentive, individua al comma 9
delle ipotesi tassative al verificarsi delle quali vige il divieto di
sospensione dell’ordine di esecuzione, ivi comprendendo l’art. 572 comma 2
c.p..
Adottando un
orientamento per ora minoritario ed interpretando analogicamente la
giurisprudenza in materia di recidiva reiterata, il Giudice presso il Tribunale
di Monza, su istanza della difesa, ha sospeso l’ordine di esecuzione emesso in
assenza di contestuale sospensione dello stesso poiché, nonostante l’aggravate
di cui all’art. 572 comma 2 c.p., il Giudice d’Appello, dichiarando la
prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, ha privato l’appena
menzionata circostanza aggravante del suo potere tipico; pertanto, non
producendo alcun effetto dal punto di vista sanzionatorio, l’art. 572 comma 2
c.p. non risulta concretamente “applicato” con conseguente decadenza del
divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione.
Preme precisare
che, l’ordinanza oggetto del presente commento è stata impugnata dal PM con
ricorso per Cassazione, perciò non resta che attendere le determinazioni dei
Giudici di legittimità sul punto.